È stata una stagione davvero felice per Pierfrancesco Favino: ai successi in teatro si sono aggiunte la partecipazione in “A casa tutti bene”, il film campione d’incassi di Gabriele Muccino, e la conduzione – insieme a Claudio Baglioni e Michelle Hunziker – di un festival di Sanremo particolarmente apprezzato dal pubblico. Ma l’attore non ha intenzione di godersi gli allori; così sta già preparandosi a due nuove sfide importanti e molto diverse tra loro, come anticipa al pubblico del Bifest, che affolla il Teatro Petruzzelli di Bari. La sua è una 'lezione di Cinema' appassionata, in cui si racconta, facendo trasparire tutta la passione per un lavoro complesso e stimolante, che ha senso se solo se fatto in funzione del pubblico.

Tanti personaggi, un solo volto

L'attore spiega le sue scelte al pubblico di Bari: “Mi è capitato di interpretare a distanza di poche settimane ruoli opposti, ad esempio un poliziotto fascista e l’anarchico Pinelli; il nostro mestiere è unico per questo, ci permette di scoprire la varietà degli esseri umani e contemporaneamente aspetti nuovi del nostro carattere”. Favino chiarisce la differenza tra la preparazione di un personaggio di finzione, che va costruito nel tempo, disegnato pian piano, partendo dalle indicazioni di regista e autori, ed il ruolo di una persona reale, in cui si parte dai dati concreti, per poi dare sfogo all’immaginazione, magari entrando in contatto con chi ha vissuto vicino a questi individui, cercando di guadagnarne la fiducia.

Un lavoro accurato, che spiega – insieme al talento – la vera ragione per cui un interprete dal volto così riconoscibile è riuscito a diventare Bartali, Ambrosoli o Di Vittorio.

Un lavoro al servizio del pubblico

Pierfrancesco, premiato al Bifest con la targa intitolata a Federico Fellini, ha ormai la fama di attore poliedrico.

“Un’etichetta che mi hanno appiccicato dopo Sanremo, ma io sono sempre stato così come si è visto in tv, solo che il pubblico non ne era a conoscenza” ribatte, ringraziando Claudio Baglioni per la massima libertà concessagli sul palco dell’Ariston. All’inizio Favino ha avuto timore ad accettare di imbarcarsi in un’impresa simile: “Ma poi ho capito, che avevo solo paura del giudizio degli altri, così mi sono deciso a partecipare”, sempre con l’idea – come ha potuto constatare ogni volta che ha lavorato in produzioni americane – che lo spettacolo è fatto per il pubblico, non per se stessi.

Quindi niente piedistalli per l’attore, che non deve temere la popolarità: “Io non rifarò Sanremo, ma spero che in futuro altri colleghi ripetano la mia esperienza, che ha giovato anche alla promozione del film di Muccino”. E adesso l’aspettano due ruoli molto diversi tra loro, sempre coerenti con la sua idea di interprete: il pentito Tommaso Buscetta per Marco Bellocchio ed un film di cappa e spada, “I moschettieri del re” di Giovanni Veronesi, in cui dividerà la scena con Valerio Mastandrea, Sergio Rubini e Rocco Papaleo. Un’altra dimostrazione, semmai ce ne fosse bisogno, della grande versatilità di un artista che non ama le etichette e gli stereotipi del cinema italiano.