“Lo dedico a te” è il nuovo singolo dei Frijda. Una power ballad dalle sonorità rock che apre un nuovo capitolo per la band catanese, nata nel 2003 e sopravvissuta ad un profondo cambio di formazione. Al microfono, non si è mai arresa la voce profonda e autentica di Thor, che in questa intervista a Blasting News ci racconta cosa significa essere artista nel 2020, in particolare in un momento del genere.
Thor dei Frijda parla a Blasting News
Dove ti trovi e cosa vedi intorno a te?
“Sono nel mio studio di registrazione in provincia di Catania, il “rifugio” dove tengo le cose a me più care.
Sto approfittando di questo periodo particolare di isolamento per riordinare il mio archivio sul computer. Conservo qualsiasi cosa: dalle prime esibizioni della band, decisamente imbarazzanti, fino a quelle più recenti”.
La solitudine di un artista
Nel nuovo singolo “Lo dedico a te” raccontate la difficoltà di un artista nel farsi ascoltare dal mondo. Quand'è che un musicista può sentirsi pienamente appagato?
“Il dilemma è proprio questo. Secondo me ci sono due tipologie di personaggi: gli artisti e gli esecutori, ed i secondi sono coloro che mettono in pratica ciò che è stato creato dagli artisti. Certe volte mi pesa quando vedo ragazzi con più o meno talento che fino al giorno prima facevano i parrucchieri e poi vanno a Sanremo.
Noi, come band, abbiamo tanti anni di gavetta live e ci siamo sentiti spesso dire: “ma che ci fate qui? Perché non andate a Sanremo?”.
Allora te lo chiedo anch'io: quando andate a Sanremo?
“È una domanda che mi faccio anch'io. Mi chiedo quando riusciremo a fare il salto di qualità. Non c'è la volontà di diventare ricchi e famosi, anche perché i tempi sono cambiati, ma semplicemente quella di potersi svegliare il mattino e dire “il mio lavoro è fare il musicista”.
Dopo tutti questi sacrifici sarebbe davvero importante trovare uno sbocco definitivo".
Vi è mai capitato di non trovare gli stimoli giusti per continuare a lottare?
"Quando sei in una band combatti con tante teste. All'inizio c'è comune entusiasmo, poi qualcuno si fidanza, qualcuno si laurea e alla fine mi è capitato negli scorsi anni di ritrovarmi solo, con il mio tastierista.
A me personalmente non è mai venuta voglia di mollare, nemmeno quando un locale dove fai un concerto ti vuole dare 50 euro in meno perché sostiene che non hai suonato abbastanza. Le poche volte che ho pensato di lasciare, ho capito che stavo mentendo a me stesso. Fare questo lavoro è una vocazione".
Tra le note del brano si percepisce una sensazione di forte solitudine, nonostante le “grida e i rumori” citati nel testo. In questo periodo di emergenza anche i rumori esterni si sono attenuati e le città sono avvolte dal silenzio. Come lo stai vivendo?
“La mia fortuna è che vivo in un paesino di provincia dove è tutto più a misura d'uomo. Determinati disagi li vivi di riflesso. Certo, fa strano vedere Catania deserta come pure le altre città.
In riferimento al brano, io penso che l'uomo di base sia nato solo e solo morirà. Noi cerchiamo di vivere sempre in gruppo, ma l'alienazione è insita nell'animo umano, soprattutto per un'artista. Inoltre, noi artisti veniamo sempre considerati un po' “diversi”, perché si percepisce la nostra professione come un hobby. Comunque, in questa devastazione esistenziale, speri che almeno una persona ti ascolti e possa darti una reazione”.
La musica in questo periodo particolare
Il videoclip è stato girato nello storico Waxy o’Connor’s di Catania, che è stato simbolo della movida catanese, nonché tempio della musica live e punto di riferimento per tutti i musicisti della Sicilia orientale. Come lo vedi il futuro della musica dal vivo nel nostro paese, oggi che stiamo affrontando l'emergenza sanitaria?
“Dal punto di vista musicale non sono particolarmente preoccupato: l'uomo non riesce a fare a meno del piacere e di andare ad un concerto. Si troveranno i modi, seguendo le disposizioni medico-sanitarie. Sento di persone che vogliono fare la rivoluzione perché non possono andare a sentire gli U2. Si andrà avanti”.
Quale punto di vista ti preoccupa, allora?
“Quello sociale. Ho paura che questa situazione possa creare un ulteriore distacco rispetto a quello che hanno già creato gli smartphone. Come esseri umani eravamo già distanti, adesso li siamo ancora di più. L'uomo è un animale solitario e non vorrei che ci si abituasse a questa condizione”.
La copertina del singolo racchiude e miscela in un solo disegno dettagli dalle più importanti opere di Frida Kahlo.
Come nasce l'amore per la pittrice messicana?
"La conobbi ancor prima che diventasse un fenomeno di massa. Studiavo all'Università di Palermo. Dovevo dare l'esame di arte contemporanea e senza grande entusiasmo, senza sapere chi fosse, acquistai una monografia di Frida Kahlo. La scelsi perché era la più piccola in dispensa. Me ne innamorai a primo impatto e alla fine mi comprai di tutto. Mi feci conquistare dal suo modo di vivere legato al contesto storico, ai problemi fisici, alla sua volontà di non arrendersi mai. La considerai sin da subito il mio alter ego al femminile: lei combatteva contro i problemi fisici, io contro i “problemi mentali” che rendono il mio animo un po' irrequieto. E poi c'è quella frase storica: “a cosa mi servono i piedi se ho le ali per volare?”.
Lei ha avuto un suo sfogo nell'arte ed io ho la fortuna di toccare i tasti del mondo dell'arte per alienarmi dalla realtà.
Il nome della band è cambiato da “Frida” a “Frijda”, con la lettera “j” tra la “i” e la “d”. Perché?
“Quella lettera aggiunta ha un valore simbolico. Con la prima formazione, che si chiamava “Frida”, abbiamo vissuto otto anni di grandi esperienze: abbiamo aperto i concerti di artisti come Lucio Dalla e Franco Battiato, composto i primi inediti, ci siamo fatti conoscere nella nostra zona. Purtroppo, con il passare degli anni, i membri della band hanno deciso di lasciare il progetto. Io e il mio tastierista abbiamo “arruolato” nuovi musicisti e mi è sembrato doveroso aggiungere una “j”.
È servito anche per far capire al pubblico che qualcosa era cambiato e che avrebbero dovuto abituarsi a queste nuove facce, senza fare paragoni poco carini con il passato”.
“Lo dedico a te” anticipa l'uscita del nuovo album. Quando uscirà?
“L'album è pronto. Per il momento è uscito il singolo. Spero che il disco esca entro la fine dell'anno, ma non dipende solo da me”.
I consigli musicali dei Frijda
Qual è la tua canzone del cuore in assoluto?
“La trovai casualmente nella macchina di mia zia quando ero bambino. Tra una canzone e l'altra di Mia Martini apparve “El diablo” dei Litfiba. È in quel momento che mi innamorai del rock. La voglia di creare una band, però, mi venne quando vidi per la prima volta un video degli Aerosmith su The Box, una tv musicale degli anni novanta.
Il mio modo di stare sul palco, con il “microfono foulard” e la mezz'asta è un tributo a Steven Tyler e Freddie Mercury”.
Qual è l'artista che ascolti più spesso in questo periodo?
“Toto, Aerosmith, Pink Floyd. Consiglierei anche Negrita e Timoria. Tutti artisti un po' retro. Nella musica di oggi non vedo la sincerità. Ai vecchi tempi scrivevi per necessità di comunicare al mondo, oggi scrivi per vendere”.