L'autismo raccontato attraverso un brano intenso e di grande impatto. Stona, artista in equilibrio fra la musica d’autore e l’easy listening del pop nostrano, prodotto da Guido Guglielminetti (storico bassista e produttore di Francesco De Gregori), torna con il singolo “Io sono Marco”. Di questo e molto altro ha parlato a Blasting News.

Una canzone sull'autismo

Dove ti trovi e cosa vedi intorno a te?

“Sono a casa mia a Novi Ligure, che di ligure non ha nulla nonostante il nome, visto che si trova in provincia di Alessandria. Intorno a me vedo tanto vuoto: da una parte è positivo perché significa che la gente sta rispettando le regole, dall'altra ti mette inquietudine perché speri che si possa tornare molto presto alla normalità”.

Nel tuo nuovo singolo “Io sono Marco” racconti la storia di un bambino autistico. Come ti sei avvicinato a questo tema?

“All'inizio in maniera casuale. Ero rimasto affascinato dalla storia di Franco e Andrea Antonello, di cui si è parlato molto (anche per via dell'incidente automobilistico che ha coinvolto Alberto, l'altro figlio di Franco, ndr). Mi aveva colpito la lotta del padre per dare al figlio una vita migliore. Osservavo la vicenda ma ne rimanevo distaccato. Poi è scattato qualcosa di diverso: ho visto il tutto sotto un altro aspetto, mi è arrivata la forza del loro messaggio e mi sono avvicinato ad altre storie, anche quelle meno famose, ed ho scoperto un mondo difficile e complicato”.

È in quel momento che è nato Marco?

“Sì, ho creato questo “Marco” immaginario, ma non è stato facile. È un argomento delicato e se non capisci bene la tematica rischi di sbagliare, di dire una cosa fuori posto. Ho passato un anno intero a scrivere, riscrivere, tagliare e smussare il testo. L'ho fatto leggere a più persone perché volevo sentire il loro parere.

Una volta fatto questo abbiamo confezionato la musica e il brano ha preso forma”.

Il brano dura 4 minuti e mezzo. La soglia di attenzione degli ascoltatori, ormai, ne consente al massimo tre. Cosa ti ha convinto a sfidare questa “regola”?

“Sono conscio che non è un pezzo radiofonico, ma il messaggio è importante e ho voluto farlo uscire ugualmente come singolo.

Inizialmente, la canzone durava molto di più. Il testo era più lungo. Ho dovuto tagliare per farne 4 minuti e mezzo e non c'è quasi nulla di strumentale. La canzone è molto “parlata”, il nostro interesse erano il messaggio e le parole”.

Marco, in quanto autistico, è anche vittima di bullismo. Da ragazzi si è perseguitati da questo brutto fenomeno per i motivi più svariati, ma spesso, crescendo, si riesce a prendersi una rivincita. Nel caso dei ragazzi autistici è più difficile, perché dall'autismo non si guarisce quasi mai. Secondo te esiste una chiave per ottenere un riscatto?

“Per prendersi una rivincita bisogna sapersi accettare, in qualsiasi caso. È così che si riesce a trovare il proprio percorso.

Ad un certo punto, quando si cresce e si comprende quali sono le cose importanti della vita, bisogna andare avanti per la propria strada, cercare sempre di trovare il lato positivo, per quanto possibile. Non bisogna ascoltare le cattiverie che abbiamo intorno. Nel caso dell'autismo, poi, è molto importante l'appoggio della famiglia”.

L'attuale emergenza sanitaria pensi abbia creato ulteriori disagi a queste famiglie?

“Certamente. Il brano è uscito in questo periodo in maniera del tutto casuale, ma è un occasione per ricordare che ci sono persone che convivono ogni giorno non solo con la problematica generale attualmente, ma anche con l'autismo. In mezzo a tutto questo caos, se non hai istituzioni o associazioni che ti aiutano, diventa problematico”.

Tornando alla “rivincita” di cui parlavamo, forse la frase della tua canzone “il mondo lì fuori lo chiama mostro, io lo chiamo amore”, racconta perfettamente qual è la chiave per ottenerla.

“Siamo spaventati da tutto ciò che è diverso e differente, mentre invece le differenze racchiudono tantissimo amore e gioia. Per chi non lo capisce diventa qualcosa da temere. Credo che questa frase renda l'idea”.

Cos'hai imparato affrontando questa tematica così da vicino?

“Ho imparato a guardarmi di più intorno. Prima non lo facevo così spesso. Adesso ho capito che intorno a noi ci sono tante piccole situazioni che passano inosservate e a cui dovremmo imparare a dare attenzione. In un momento come questo, prendersi cura di piccole cose, delle persone, diventa importante.

Questa canzone mi sta insegnando molto”.

Quali pensi che siano le principali questioni su cui l'opinione pubblica dovrebbe focalizzarsi quando si parla di autismo?

“Vedo che in generale è un argomento che non viene trattato. Di sicuro il lavoro che ha fatto e sta facendo Franco con Andrea è encomiabile, perché lui ha aperto dei portoni, buttato giù molte barriere e consentito a molti di non aver più paura o di non sentirsi più in imbarazzo quando si parla di un argomento simile. Io stesso, qualche anno fa, dubito che avrei avuto la forza e il coraggio di scrivere questa canzone. È importante continuare a parlarne, smetterla di nascondersi, fare sempre più rumore in modo che la gente non lo recepisca più come un tema lontano e di cui avere paura”.

L'emergenza sanitaria

Sei senza dubbio un artista molto vicino alle tematiche sociali. Lo scorso marzo hai pubblicato il brano “Andrà tutto bene” in supporto all'Ospedale di Alessandria in piena emergenza sanitaria. Com'è nato quel brano?

“Dopo il primo Decreto del 9 marzo non capivo bene come sarebbe andata avanti, cosa ci aspettava, cosa avremmo trovato e scoperto. Poi ho iniziato a vedere in giro l'hashtag “#andratuttobene”, vedevo la gente spaventata e ho sentito il bisogno di provare a dire qualcosa per rassicurare me stesso e chi mi voleva ascoltare”.

E l'hai fatto proiettandoti nel futuro.

“Sì. Gli ultimi giorni prima della chiusura stavo passeggiando per la città deserta. Sentivo solo il suono delle ambulanze.

A un certo punto vidi due ragazzini che timidamente, nascosti dietro un muro, cercavano di darsi un bacio. Quella loro sensazione di angoscia mi ha spinto ad immaginarmi la storia che ho scritto: quella di due persone che, dopo tanti anni dall'emergenza, si ricordano di come hanno affrontato insieme la pandemia”.

Guido Guglielminetti è lo storico produttore di Francesco De Gregori ed ha suonati in dischi capolavoro come “Il mio canto libero” di Battisti, “Carioca” di Loredana Bertè e “Danza” di Mia Martini. Sarà il produttore del tuo nuovo album. Come la vivi?

“Lui è uno di quelli con cui, quando gli parli, devi prendere continuamente appunti. Pur essendo un uomo chiuso e introverso, da lui non puoi far altro che imparare.

Ci siamo incrociati anni fa ad un corso di produzione musicale, dove Guido dava la possibilità ai cantautori emergenti di lavorare con lui ad un brano inedito. Gli ho portato i miei pezzi, ci siamo “studiati” l'un l'altro e le canzoni sono venute fuori. Poi, timidamente, gli ho chiesto di produrre il mio primo album del 2018 ed ha accettato”.

I consigli musicali di Stona

Chiudiamo con le nostre domande di rito. Qual è il tuo brano preferito in assoluto?

La leva calcistica della classe '68 di De Gregori. È una canzone che ti fa capire che se tu credi veramente in te stesso o in qualcosa di particolare, ce la potrai fare. È un brano molto positivo e mi ci ritrovo”.

Qual è l'artista che ascolti più spesso in questo periodo?

“Sto ascoltando molti classici, come Billie Joel. Ascolta poca musica nuova”.

“Io sono Marco”, il nuovo singolo di Stona, è disponibile su tutti i digital store.