Una Citroen 2CV distrutta, una motocicletta costruita in modo artigianale ed una fuga da una morte certa dal Deserto. Questa è la storia di Emilie Leray, un esperto viaggiatore francese che decise - nel lontano 1993 - di affrontare il Deserto del Sahara a bordo di un auto vettura, un Citroen 2CV pronta ad affrontare un percorso pieno di insidie, immense dune e distese di rocce. Leray non era un novellino bensì un uomo con una esperienza collaudata, dopo aver viaggiato in lungo e largo vari Paesi africani per 10 anni.

Partenza scongiurata

La partenza iniziò da Tan-Tan, l'ultimo posto "vivibile" prima di addentrarsi nello spazio infinito del Sahara desertico.

Emilie fu varie volte messo in guardia nel non affrontare questo pericoloso percorso causa le varie tensioni militari che contrastavano il Sahara occidentale con il Marocco. Niente e nessuno potevano fermare l'ostinato e determinato viaggiatore "ardito" che riuscì ad oltrepassare le guardie reali ed intraprendere così il suo viaggio tanto atteso, con l'unico obiettivo di attraversare la parte sud con la sua 2CV denominata dai locali il "cammello d'acciaio", un vero "carro armato" privo delle ruote motrici ma resistente a quell'ambiente ostile dalle condizioni estreme e poco raccomandabili.

Il viaggio verso l'avventura procede bene fin quando, nel bel mezzo della solitudine avvolta dalle sabbie del Sahara, accadde un imprevisto: Emilie Leary, alla guida della sua Citroen 2CV, urtò accidentalmente contro un sasso, costringendolo ad una sosta improvvisa.

Ruota e semiasse si distrussero e la Citroen fu KO.

L'esperienza aiuta

Non un'anima viva, le provviste scarseggiavano ed il caldo africano non era da sottovalutare. Emilie aveva un'esperienza passata come elettricista la quale lo aiutò e gli diede l'ingegno e la maestria per smontare la sua 2CV e trasformala in una specie di motocicletta pronta per la sua fuga da un destino incerto.

La carrozzeria lo salvò in primis dal sole cocente e dalle tempeste di sabbia mentre la sua forza di volontà, affiancata alla fortuna, gli diede modo di costruire un mezzo da trasporto capace di portarlo via da quella prigione di sabbia durata ben dieci giorni. Non un cacciavite, non una pinza, nessun attrezzo meccanico capace di agevolare il lavoro in corso.

Semplicemente una due ruote collegate ad un banale sterzo artigianale, un cambio, una batteria ed un motore capace di alimentare una ruota posteriore da permetterle il movimento su una strada problematica come quella del deserto.

La salvezza

L'incontro con la polizia marocchina, quasi come fosse un miraggio, gli diede la possibilità di salvarsi e raccontare questa sua storia. Emilie ed il suo "cammello del deserto" furono portati nella roccaforte di Tan-Tan dopo aver pagato una multa per aver guidato un mezzo non idoneo al trasporto.