Da cosa dipende ciò che siamo e quando “decidiamo” chi essere? Queste due domande sono ormai al centro di numerose ricerche condotte da psicologi, Freud fu forse il primo a tentare di dare una risposta. Secondo lo psicologo austriaco la personalità di un individuo si sviluppa lungo la prima infanzia e tende a rimanere sempre la stessa. Uno studio longitudinale condotto su 103 bambini durante i loro primi 19 anni di vita sembra confermare l’ipotesi suddetta, sulla base dell’osservazione degli insegnanti e dei genitori questi bambini sono stati suddivisi in tre categorie: incontrollato, supercontrollato o resiliente.

L’indagine ha confermato che i bambini, diventati adulti, mantenevano bene o male le caratteristiche di personalità riscontrate all’inizio dell’osservazione. Tuttavia, non si azzardano ancora teorie riguardo alla creazione del sé di un individuo in quanto troppi fattori, sia a livello genetico che esperienziale, sono implicati in questo sviluppo; anche se ormai si è certi che il ruolo più importante sia ricoperto dalle esperienze: diventiamo ciò che viviamo e viviamo ciò che diventiamo.

Il piccolo Albert

Uno dei più grandi studiosi comportamentisti, lo statunitense John Watson, tra il 1919 e il 1920 condusse un esperimento sul comportamento infantile e in particolare su come determinati traumi potessero influire sullo sviluppo psicologico.

Alber era il bambino preso come soggetto sperimentale da Watson e fu sottoposto a questo studio dove inizialmente fu messo a giocare con diversi animali di peluche. Sostenendo di poter manipolare la personalità di un individuo agendo nell’infanzia Watson prosegui con la sperimentazione nella quale, dove aver messo a suo agio il bambino con i diversi giocattoli, introdusse un forte rumore ogni qualvolta che l’infante provava ad avvicinarsi ai diversi oggetti.

La reazione di Albert fu ovviamente quella di spavento ogni volta che si presentava il rumore, ma il condizionamento arrivo fino al punto tale che, dopo 17 giorni, sviluppo una reazione di paura verso qualsiasi oggetto simile al peluche: pellicce, coperte e addirittura si presentarono forme di panico verso le maschere di Babbo Natele.

Il passo successivo sarebbe stato quello di de-programmare il bambino, ma ciò non fu possibile visto che la madre fu costretta a portarlo via degli sperimentatori visto le ripercussioni psicologiche.

I Big Five

Secondo la teoria della personalità denominata “Big Five” esistono cinque macro dimensioni che definiscono gli individui in termini di particolarità. Come primo tratto abbiamo l’estroversione: ossia la tendenza “dell’essere presi” dal mondo esperto ed è caratterizzata da emozioni positive e sociali, il polo negativo è l’introversione. Il secondo aspetto è invece l’amicalità: rappresentata da una parte dalla cortesia, dall’altruismo e dalla cooperatività, mentre dall’altra dall’ostilità, dall’insensibilità e dalla indifferenza.

Abbiamo poi la coscienziosità definita da aggettivi che fanno riferimento alla scrupolosità, alla perseveranza, alla affidabilità ed alla autodisciplina; il quarto punto si riferisce al nevroticismo quindi rispetto al polo positivo avremmo vulnerabilità, insicurezza ed instabilità emotiva, mentre al polo opposto avremmo stabilità emotiva, dominanza e sicurezza. Come ultimo tratto viene designata l’apertura all’esperienza quindi creatività, anticonformismo ed originalità.