Quest'anno ricorrono i 75 dalla morte dello storico March Bloch, arrestato l'8 Marzo del 1944 dalla Gestapo perché facente parte della Resistenza. Tenuto prigioniero per circa 3 mesi venne fucilato assieme ad altri prigionieri a Saint-Didier-de-Formans il 16 Giugno.
Gli ultimi anni
Marc Bloch all'inizio della guerra venne richiamato alle armi e destinato a ruoli di retrovia e approvvigionamenti, data l'età, compito che mantenne sino all'occupazione di Parigi e la successiva smobilitazione dell'esercito francese. Dopo l'armistizio, in quanto ebreo venne destituito dal proprio ruolo accademico salvo poi ricevere un permesso speciale per i propri meriti di servizio grazie alla conoscenza dei Jerome Carcopino, cosa che gli permise di avere una cattedra a Strasburgo e successivamente a Montpellier.
Gli anni che vanno dal 1940 al 1944 sono intensi e difficili per Bloch, gli venne impedito di poter studiare e fare ricerca accademica, privandolo prima della biblioteca personale e per poi essere sottoposto come gli altri accademici a una forte censura. Nel 1942 in seguito all'occupazione anche del sud della Francia decise di entrare in clandestinità affiliandosi alla resistenza francese.
L'analisi di Bloch sulla disfatta francese
Gli ultimi anni, per Bloch, furono travagliati sia sotto il profilo personale che quello accademico. Avendo partecipato in prima persona alla guerra e alla disfatta della Francia compose nel 1940 La strana disfatta, pubblicato postumo nel 1946. Nel saggio lo storico analizzò tutti gli elementi che avevano concorso poi alla disfatta della Terza Repubblica francese: l'inadeguatezza strategica e l'impreparazione morale e psicologica allo scontro su vasta scala con il nemico.
Bloch colse come l'alto comando e i soldati francesi si aspettassero una guerra immobile, di trincea, e non un conflitto in cui il fronte dell'azione si spostasse continuamente rendendo il confronto bellico più fluido di quanto si potesse immaginare. L'analisi di Bloch si soffermò su come lo Stato Francese, che si trattasse di conservatori o progressisti, borghesia o proletariato non abbiano maturato mai l'idea di dover realmente condurre una guerra e che si siano focalizzati sulle piccole cose del proprio orticello per comprendendo il disastro che si stava per abbattere contro la Francia.
Agli occhi dello storico non fu la Francia Stato, ma bensì la Francia "piccolo villaggio" ad essere sconfitta: il villaggio che viveva placidamente la propria giornata incurante di ciò che accadeva attorno era la perfetta metafora della realtà dell'epoca.
Il testamento incompiuto
Alla sua morte Bloch lasciò incompiuto uno scritto che ad oggi è uno dei capisaldi della storiografia del secolo passato, Apologia della Storia o il mestiere dello storico che venne pubblicato postumo nel 1949.
Questo saggio venne scritto come una analisi volta a rispondere a un interrogativo tanto semplice quanto complicato: a cosa serve la storia? Una domanda retorica a cui Bloch stava tentando di rispondere spiegando come lo storico fosse un custode e divulgatore della memoria collettiva, e che solo attraverso la comprensione, l'analisi e riflessione del passato fosse possibile comprendere le dinamiche del presente. I numeri, grandi e piccoli che siano, nello studio della storia hanno poco significato se non inseriti nel contesto adeguato, all'interno dello giusto “ambiente”.
Un nuovo approccio
Con l'Apologia della storia Bloch cercò di ampliare e fissare dei principi che già aveva esposto una decina di anni prima, nel 1931 con I caratteri originali della storia rurale francese.
All'interno di questa monografia gettò le basi per gli odierni studi storici basati su una visione interdisciplinare e non per compartimenti stagni della storia. Il fulcro della nuova metodologia stava in un l'analisi e comprensione del fenomeno storico abbracciando tutte le sue dinamiche e sfumature.
A 75 anni dalla sua morte parte dell'eredità di Bloch, basata su una nuova metodologia della storia, appare compiuta, perlomeno in parte. Lo studio della storia è oggi non più un'indagine per “prevedere il presente”, ma bensì un mezzo per comprenderla.