Pochi giorni fa l’aut aut dell’Ilva alla procura di Taranto era sembrato categorico: o allentate le misure dell’Aia e la rispettate secondo il suo profondo significato giuridico o chiudiamo tutto e tutti a casa. Ecco fatto, nessun provvedimento favorevole e gli operai che ieri mattina si sono recati presso lo stabilimento hanno trovato la porta chiusa, il badge non funzionava e un misto tra sbigottimento e resa definitiva ha invaso gli occhi dei 5.000 operai dello stabilimento di Taranto.

L’ordinanza dei giudici di Taranto è spietata, parla di un sistema, quello dell’Ilva totalmente votato ad atteggiamenti intimidatori verso chiunque si fosse negli anni opposto alla politica industriale dell’azienda.

Viene alla luce un meccanismo espletato dalla dirigenza dell’Ilva completamente immerso in un contesto illegale, dove corruzione e concussione sono sembrati elementi tipici di una strategia aziendale attuata sistematicamente dai massimi dirigenti.

L’interrogativo che il paese si deve porre in queste ore è quanto in effetti un provvedimento giudiziario possa influire su un tema così complesso e spinoso quale la politica industriale. Quanto peso di fatto possono avere nel nostro paese 5.000 persone che da oggi si trovano senza lavoro in rapporto ad un inquinamento, quello prodotto dallo stabilimento di Taranto, comunque evidente, lampante e seriamente rovinoso per la salute dei cittadini.

Forte il disappunto di Confindustria che in serata ha fatto sapere quanto potrà costare a livelli economici una perdita del genere per l’Italia, circa un miliardo di euro; l’acciaieria più grande d’Europa andava comunque protetta secondo gli esperti a discapito di un folle politica aziendale. Adesso si teme per lo stabilimento di Genova, vedremo nelle prossime ore quale giudizio universale penderà sopra la testa dei lavoratori liguri.