Nubi all'orizzonte per una parte dei pensionati. La perequazione si paga a tutti o solo ai pensionati che hanno una pensione che non supera una determinata soglia? Tace il loquace Presidente dell'Inps. Tace Renzi. Fa parlare qualche ministro e personaggi di seconda fascia, ognuno biascica una frase, si esercita in conteggi, formula riflessioni etiche: "rispetteremo la sentenza della Corte ma stiamo valutando come ridurne gli effetti sul bilancio". Una frase sibillina. Un dire e non dire. Due affermazioni che collidono.
Un sottosegretario afferma che sarebbe immorale pagare i pensionati che hanno una pensione superiore a una certa soglia.
Anche nei dibattiti assistiamo a ragionamenti di natura economica e politica, che contrastano con i principi del diritto e la sentenza della Corte per i seguenti motivi.
La sentenza n. 70 ha cassato la norma sul blocco della perequazione automatica delle Pensioni superiori a tre volte il minimo, negli anni 2012 e 2013 con effetti anche sugli anni successivi. A questo punto rivive la normativa precedente che gradua la rivalutazione delle pensioni per fasce di importo. Tale meccanismo prevede che la rivalutazione spetti per intero per le fasce di pensione fino a tre volte il minimo, nella misura del 90% da tre a cinque volte il minimo e nella misura del 75% per gli importi eccedenti cinque volte il trattamento minimo dei lavoratori dipendenti.
Il legislatore non può, a mio avviso, intervenire retroattivamente per disciplinare la perequazione delle pensioni per gli anni 2012 e 2013. Può solo frazionare i rimborsi nel tempo, come in passato è avvenuto per ottemperare ad altre sentenze della Corte (495/93 sul calcolo delle pensioni di reversibilità).
Qualsiasi intervento legislativo dovrà tenere conto che, secondo la Corte, è illegittimo discriminare tra pensionati.
La rivalutazione deve essere modulata sulle fasce e non può essere azzerata per le pensioni che superano una determinata soglia, come avveniva con la legge Fornero che escludeva le pensionisuperiori a tre volte il minimo, da qualsiasi rivalutazione anche sugli importi di sotto all'asticella.
Il legislatore non può abusare della sterilizzazione delle rivalutazioni ma deve tenere presente il monito della Corte che rileva come la sospensione a tempo indeterminato, o la reiterazione, del meccanismo perequativo, contrastino con i principi di ragionevolezza e proporzionalità, in quanto "le pensioni, sia pure di maggiore consistenza, potrebbero non essere sufficientemente difese" dall'inflazione.
Tra le norme che si succedono nel tempo ci deve essere una coerenza. Sotto tale profilo la legge Fornero contrasta sia con la legislazione precedente sia con quella successiva che non discriminano tra "trattamenti pensionistici … bensì tra fasce di importo". Lo stesso legislatore ha colto lo strappo della norma cassata e l'attuale normativa prevede un meccanismo di rivalutazione in rapporto alle fasce di importo dal 100 al 50 per cento.
In conclusione non si può intervenire retroattivamente sulla normativa; non si possono reiterare misure che incrinano la tutela insita nel meccanismo della rivalutazione; si può intervenire solo sulle singole fasce, senza porre discriminanti asticelle che escludono completamente dalla rivalutazione le pensioni che superano una determinata soglia.
Se il governo reitera sbarramenti e pone asticelle più o meno alte si espone a nuove censure, anche perché per fare cassa l'asticella non potrebbe essere altissima.