Nella mattinata di martedì 15 settembre è stato presentato presso la sede romana della Caritas il Rapporto 2015 sulla povertà in Italia. La presentazione è avvenuta nell’ambito di un seminario al quale sono intervenuti lo stesso direttore della Caritas italiana, Don Francesco Soddu, il responsabile scientifico del rapporto, il prof. Cristiano Gori, il responsabile delle politiche sociali della CISL, Lorenzo Lusignoli, il prof. Luigino Bruni della Libera Università Maria Santissima Assunta di Roma, nonché il sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei Ministri, sen.

Claudio De Vincenti.

Due gli interrogativi principali che costituiscono il motivo portante del rapporto: come giudicare l’azione di contrasto posta in essere dal Governo Renzi e soprattutto cosa è possibile fare nell’immediato futuro per rendere questa azione di contrasto all’indigenza ancor più efficace.

In relazione al primo interrogativo i più recenti dati ISTAT confermano che nel 2014 si è invertito, anche se lievemente, il trend di incremento dell’indice di povertà assoluta rispetto all’anno precedente: la percentuale delle persone in condizione di povertà assoluta (per definizione coloro che non hanno possibilità di accedere all’insieme dei beni e servizi che vengono considerati essenziali per conseguire uno standard di vita minimamente accettabile) è scesa dal 7,4% del 2013 al 6,8% dello scorso anno.

Tuttavia se si guarda al dato di inizio crisi, quello del 2007, ci si rende conto che non è opportuno cullarsi sul risultato dell’inversione del trend negativo: nel 2007 le persone in condizione di povertà assoluta erano stimate nella misura del 3,1% della popolazione globale e l’attuale percentuale del 6,8% rappresenta in ogni caso un dato che deve destare grande preoccupazione.

Il costo della crisi ad oggi è stato difatti caricato esclusivamente sulle spalle del 10% della popolazione italiana che ha subito una riduzione del 27% del proprio reddito. Dunque anche se la crescita della povertà ha subito un rallentamento nell’ultimo anno, sembrano tuttavia non sussistere al momento le condizioni per riportare la situazione allo stadio pre-crisi.

In particolare destano preoccupazione le dinamiche attualmente in atto nel mercato del lavoro, certamente non ancora adeguate ad un rilancio dell’economia e dunque a fronteggiare efficacemente la crescita della povertà nel Paese.

Il rapporto Caritas segnala un’anomalia che accomuna, fra l’altro, l’Italia alla Grecia: la mancanza di un Welfare State efficace, che preveda misure razionali mirate a sostenere la popolazione che vive in condizioni di povertà ed indigenza: l’attuale sistema di interventi pubblici risulta essere del tutto inadeguato per volume di risorse economiche dedicate. Difatti la distribuzione della spesa pubblica nel nostro Paese è decisamente sfavorevole ai poveri. L’Italia ha una percentuale di stanziamenti dedicati alla lotta alla povertà che risulta essere inferiore alla media dei paesi dell’area euro: solo lo 0,1% del PIL rispetto allo 0,5% che rappresenta la media dei paesi dell’Eurozona, ossia una spesa inferiore a quella della media UE in misura pari all’80%.

La strada segnata dal Rapporto Caritas è dunque quella della creazione di un Welfare State efficiente e razionale senza il quale l’azione di governo si sarà in realtà tradotta in una scrematura della popolazione, sostanziatasi nella scelta di coloro che devono recitare la parte dei sacrificati sull’altare di un presunto benessere collettivo.