La Corte di Conti ha parlato chiaro: l’Inps, nel biennio 2013-2014, è riuscita a garantire le prestazioni previdenziali solo in virtù degli ingenti trasferimenti statali (100 miliardi nel 2013 e 98 miliardi l'anno successivo). Il quadro complessivo tratteggiato dalla Corte dei Conti nella sua relazione sui conti dell'Inps presenta più ombre che luci. Nella relazione sui controlli effettuati sul bilancio 2013-2014, infatti, è stato evidenziato che le entrate contributive sono aumentate dai 210 miliardi del 2013 a 211,4 miliardi nel 2014. Contemporaneamente però anche la voce spesa per prestazioni resta in generale più alta del gettito contributivo.

Sul fronte della gestione finanziaria, i magistrati contabili hanno evidenziato che nel 2014 il disavanzo è stato di 7 miliardi. Non ci sono state buone notizie neanche alla voce conto economico che ha chiuso con valori di segno negativo, 12,8 miliardi nel 2013 e 12,5 miliardi nel 2014.

L’allarme della Corte dei Conti sugli sgravi contributivi

Ma quello che preoccupa di più la Corte dei Conti è il rischio che gli sgravi contributivi previsti per le assunzioni a tempo indeterminato dal 2015 al 2018 non si traducano in "incrementi occupazionali effettivi". In breve, se le operazioni poste in essere dalle imprese consisteranno solo in trasformazioni di contratti esistenti in rapporti di lavoro a tempo indeterminato, occorrerà un incremento di trasferimenti dal settore pubblico la cui dotazione avrebbe ripercussioni a livello fiscale.

Da ciò ne discende che il mancato introito di risorse, che dovevano derivare della decontribuzione, produrrebbe in concreto o l’effetto di aumentare le tasse o l’effetto di tagliare le Pensioni di reversibilità. Lo Stato, infatti, dovrebbe garantire all’Inps almeno 100 miliardi così come ha fatto già nel 2013 sempre attraverso trasferimenti statali.

A dirlo è stato il quotidiano 'Il Giornale' che ha chiarito come questa situazione potrebbe delinearsi anche qualora al termine dei 3 anni di sgravi totali ci fosse un aumento delle "cessazioni" di contratto che produrrebbe una maggiore richiesta di prestazioni a sostegno del reddito come l'indennità di disoccupazione. D'altronde, dopo l'approvazione da parte del Consiglio dei Ministri del disegno di legge delega sul riordino di tutte le prestazioni assistenziali, l'Esecutivo sembra aver previsto un vigoroso taglio alle pensioni di reversibilità, attualmente una delle voci di maggior peso nel bilancio Inps.

Il Governo con tale disegno di legge delega, presentato ora alla Camera dei Deputati, propone infatti l’introduzione di una misura nazionale di contrasto alla povertà che preveda una riorganizzazione di molte prestazioni sociali (tra cui l'assegno di reversibilità) che saranno legate non più al reddito Irpef ma al reddito ISEE.Le uniche prestazioni a restare escluse da ogni intervento sarebbero solamente l'assegno di assistenza mensile e le pensioni di invalidità. Nonostante le rassicurazione sul tema di molti esponenti del PD, quello che è certo è che dai tagli agli assegni di reversibilità il Governo racimolerebbe 40 miliardi di euro che potrebbero essergli molto utili.