Pensioni di reversibilità ancora una volta nel mirino di possibili decurtazioni da parte del Governo. Al di là delle rassicurazioni, a turno, dei ministri del Lavoro, Giuliano Poletti, dell'Economia, Pier Carlo Padoan e dello stesso Renzi, la reversibilità nel 2016 potrebbe essere oggetto di nuovi tagli se non verranno applicate maggiori tassazioni per coprire il buco nei conti dell'Inps. E' il quotidiano Il Giornale a scriverlo, informando delle stime della Corte dei Conti sui bilanci dell'Istituto di previdenza che delineano una situazione deficitaria per gli anni 2013 e 2014 determinata dalla non ancora sostenibilità dei conti dell'ente previdenziale, in conseguenza della non ancora attuazione della differenziazione tra previdenza e assistenza.

Corte dei Conti: pensioni di reversibilità a rischio

Nel rapporto stilato dai giudici della Corte deiConti, infatti, si legge che le prestazioni dell'Inps sono state possibili, negli ultimi anni, solo grazie ai trasferimenti effettuati dallo Stato: cento miliardi nel 2013, quasi altrettanti (98 miliardi), nel 2014. Le conclusioni alle quali giunge il rapporto dei giudici sono le stesse utilizzate all'interno del disegno di legge sulla povertà: si tratterebbe, infatti, di rivedere al ribasso, con l'introduzione del parametro del reddito, le pensioni di reversibilità. E ciò è dovuto al calo dei contributi dell'ente previdenziale registrato in seguito all'introduzione del Jobs Act del Governo Renzi.

In pratica, anche se il deficit è quello riguardante le gestioni dell'Inps di Mastropasqua e di Treu, a metterne le dovute toppe dovrà essere l'attuale presidente Tito Boeri.

Conti dell'Inps in deficit, a rischio le prestazioni pensionistiche

Larelazione tra il Jobs Act, risalente alla legge Finanziaria del 2015, e i conti dell'Inps è facilmente spiegabile: la riforma del lavoro introdotta dal Governo Renzi è stata ideata per aumentare il numero dei contratti a tempo indeterminato (o, meglio, dei contratti a tutele crescenti).

Se però i fatti non daranno ragione al Governo, e cioè non ci saranno incrementi effettivi del numero degli occupati tali da assicurare introiti previdenziali per l'Inps, gli sgravi fiscali introdotti per favorire l'occupazione non verrebbero compensati. Con la conseguenza che occorrerebbero ulteriori trasferimenti da parte dello Stato tramite la fiscalità generale.

Questa situazione si delineerebbe sia se dovessero prevalere le trasformazioni dei contratti da precari a tempo indeterminato (rispetto alle nuove assunzioni), sia nel caso in cui le imprese dovessero licenziare i nuovi assunti (nei primi tre anni, fino al 2017, non hanno l'obbligo di reintegrarli). In entrambe le situazioni il buco nei conti dell'Inps crescerebbe con conseguenti tagli al sistema previdenziale, primo tra tutti proprio quello delle pensioni di reversibilità.