Termina un 2016 che, sul piano degli equilibri geopolitici, ha dato due responsi principali: l’elezione di Donald Trump alla Presidenza degli Stati Uniti e la Brexit. Nel 2017 sapremo i nomi dei vincitori delle elezioni presidenziali in Francia (alle quali il Presidente uscente François Hollande ha già comunicato che non si candiderà), e politiche in Germania (alle quali invece la cancelliera Merkel si ripresenterà). Di conseguenza, solo allora si delineerà la reazione europea ai due eventi succitati.

Pur non essendo, al momento, a conoscenza di come si ricomporrà il quadro politico italiano post-referendum, possiamo comunque già individuare i contorni della posizione dell’italia nel quadro degli equilibri internazionali che si andranno a comporre nel corso del 2017 prossimo venturo.

L’intesa cordiale Trump-Putin e il neo-isolazionismo USA

Il programma elettorale di Donald Trump, per quanto riguarda i rapporti con la Russia, l’Europa e il Medio Oriente non è stato smentito. Si hanno tutte le ragioni, quindi, per presumere che la sua politica estera si riassuma in un neo-isolazionismo statunitense in Europa, con la chiusura di tutte le vertenze USA-Russia nell’area mediterranea e medio-orientale, delegando addirittura Putin alla stabilizzazione dei conflitti in corso.

Putin avrà così via libera per la realizzazione del South Stream, il gasdotto che potrà rifornire i paesi del Sud Europa, bypassando la Germania e a tutto vantaggio dell’ENI. Ciò comporterà, in primis, l’indebolimento soprattutto politico, ma anche economico, della Germania, già penalizzata dalla Brexit (110 miliardi di euro/anno l’export verso il Regno Unito che potrebbero andare in fumo) e dalla crisi ucraina.

Ma se Trump permetterà a Putin di entrare con tutte le scarpe anche in Egitto e, quindi, in Cirenaica, chi ne uscirà con le ossa rotte sarà soprattutto la Francia che, con Sarkozy e Hollande, aveva fatto di tutto per imporre la sua egemonia nel Mediterraneo centro-orientale. Queste due situazioni giocano a sfavore dell'asse franco-tedesco in Europa che, in passato, ha causato non pochi problemi al ruolo internazionale dell'Italia.

L’esigenza cinese di aprirsi a nuovi mercati

La "chiusura" del mercato interno statunitense all’industria cinese - che è stato l’elemento essenziale della vittoria elettorale di Trump - comporterà l’esigenza di Pechino di trovare nuovi mercati. E dove se non in Europa? In tale ottica, la sua "via della seta" del XXI secolo potrebbe essere il Canale di Suez raddoppiato.

Ne consegue che i suoi approdi naturali per penetrare nel mercato europeo saranno due: Gioia Tauro (che già potrebbe essere valorizzata dal progetto South Stream), e soprattutto Trieste.

Il grande interrogativo: chi guiderà l’Italia?

Secondo molti osservatori (Salerno Aletta, Cicalese, ecc.), l’Italia ha tutto da guadagnare da questo rimescolamento di carte. Innanzitutto perché i rapporti con la Russia e con l’Islam sono sempre stati tradizionalmente migliori di quelli di tutti gli altri partners europei, sin dai tempi di Enrico Mattei, Amintore Fanfani e Giovanni Agnelli. Non a caso, Putin ha sempre ritenuto l’Italia come l’interlocutore europeo più affidabile, e il fondamentalismo islamico non ha mai effettuato attentati terroristici nel nostro territorio.

Inoltre perché l’eventuale approdo della "via della seta" nei porti della penisola, dovrà necessariamente portare un affluenza di capitali nella borsa di Milano, così come il rialzo dei prezzi del greggio (già in corso) per la stabilizzazione dei conflitti medio-orientali. Milano potrebbe così rimpiazzare Londra, auto isolatasi in seguito alla Brexit, negli investimenti azionari arabi e cinesi.

Il problema, a questo punto è uno solo: chi guiderà l’Italia, nel 2017? Simili opportunità di sviluppo appaiono all'orizzonte una volta ogni trent'anni e, per essere afferrate al volo, necessitano di un governo "politico", con le idee chiare e una mission ben precisa: l'Italia riuscirà ad averla nei prossimi anni?