Ormai è ufficiale: ieri con una lettera pubblica indirizzata al ministro Tria, l'Ue, per tramite di Pierre Moscovici e Valdis Dombrovskis ha bocciato velocemente in modo formale e con una prassi insolita (normalmente ci vogliono mesi prima che le manovre di bilancio nazionali vengano valutate) il Def italiano, irrimediabilmente al di fuori degli accordi di rientro sottoscritti dall'Italia e confermati a giugno anche da questo governo. Quindi il governo italiano dovrà ripresentare un Def credibile, oppure esporsi alle tempeste che prevedibilmente si scateneranno.

Si parla dei mercati finanziari e dello spread. E quando si parla di spread non ci si riferisce solo a quello sui titoli pubblici.

Lo spread incombe anche sulle aziende

Quello che non tutti sanno e capiscono, è che lo spread non interessa solo i titoli pubblici italiani, ma coinvolge anche le aziende private. Come? Per capire dobbiamo pensare al sistema finanziario attuale come ad un intreccio complesso, dove un evento sfavorevole a monte finisce con dare i suoi effetti a valle. Un inasprimento dello spread, significa anche maggiori oneri per l'approvvigionamento di liquidità da parte delle banche, necessario all'erogazione dei prestiti a famiglie ed imprese. Costi, che inevitabilmente andrebbero a scaricarsi su queste ultime due componenti.

Ma questo potrebbe essere solo l'inizio di un dejavu, con la chiusura parziale o totale dell'accesso al credito come avvenne negli anni 2011-12. E in effetti, si iniziano ad avvertire chiari segnali in tal senso, come per esempio il rallentamento delle emissioni di nuove obbligazioni da parte delle aziende. Aziende spaventate dal rialzo dello spread e dalla scadenza, da qui a pochi mesi, di ben 59 miliardi di bond societari da rinnovare.

Rinnovo che se lo spread dovesse continuare ad alzarsi, diventerebbe più oneroso anche per le società private.

Il deprezzamento dei Btp: un grosso guaio per le banche

L'aumento dello spread d'altro canto, va di pari passo con il deprezzamento dei Btp, di cui le banche italiane sono gonfie (va segnalato che il 70% dei titoli di Stato Italiano sono in possesso di privati ed istituzioni italiane...appunto le banche).

Questo ha come conseguenza una riduzione in termini reali del patrimonio delle banche, in particolar modo del patrimonio minimo di vigilanza che devono sempre mantenere come cuscinetto di sicurezza, per essere autorizzate a svolgere il loro compito istituzionale, ovvero prestare soldi. Si calcola che un aumento di 100 punti di spread, per gli effetti che avrebbe sui Btp detenuti dalle banche, comporterebbe una riduzione di tale capitale di ben 38 punti base.

Le conseguenze di un downgrade nel rating

Ecco allora che l'aggiornamento del rating sovrano di Moody's e S&P di fine mese viene atteso con ansia, perchè nel caso di un declassamento, del resto probabile, dei nostri titoli di Stato, la reazione dei mercati si potrebbe tradurre in un aumento dello spread, in un ulteriore deprezzamento dei Btp.

Conseguentemente tutte quelle banche non abbastanza solide si troverebbero nella necessità di ricapitalizzarsi per ripristinare il capitale di vigilanza che andrebbe perso come conseguenza ultima di questa catena di eventi. Per motivi diversi, legati alla mala gestione, tutto questo è stato visto con le banche venete, Monte dei Paschi, Etruria e altre banche minori.