Finalmente ieri sono stati resi noti i contenuti del Def, e quindi appare abbastanza semplice capire se questa manovra è sostenibile e difendibile in sede Ue.

I numeri fondamentali

Sfogliando la pubblicazione del Mef vediamo innanzitutto che non vi è alcuna traccia di investimenti e di tagli alla spesa, ma si legge semplicemente che "Nel Programma di Stabilità 2019 sarà presentato un piano di intervento volto a sostituire le residue clausole di salvaguardia con interventi di riduzione della spesa”, oltre ad un vago accenno ad un programma d'investimenti sulle infrastrutture, dove per altro non si dà alcuna priorità né cifra.

In compenso, dopo i fasti del "balcone", pare che siano bastati qualche giorno di spread elevato per spingere i gialloverdi a correggere in parte certe cifre: si passa dagli iniziali 8 agli attuali 7 miliardi per la "quota 100", dai 10, scendiamo ai 9 miliardi per il "reddito di cittadinanza", un miliardo andranno per potenziare i centri dell'impiego, 2 miliardi per la flat tax (notiamo l'esiguità dello stanziamento), 1 miliardo per potenziare le forze dell'ordine e 1.5 miliardi per risarcire i cosiddetti "truffati dalle banche" (che in altri Paesi sarebbero definiti incauti investitori).

Le previsioni sul Pil che non ci sono

A questo punto andiamo a vedere le previsioni sul tanto discusso deficit/pil e vediamo che si va dal 2.4% del 2019 al 2.1% del 2020 all'1.8% del 2021, invece del 2.4% per tre anni della precedente versione.

Ma è qui che si va a toccare un punto cruciale. Infatti mancano completamente le previsioni del pil e quindi tanto questi numeri, quanto quelli relativi al debito/pil, anche essi previsti in calo sino al 126% del 2021 mancano completamente del denominatore. Altro aspetto cruciale: mentre le stime di crescita internazionali elaborate dall'Ocse e dall'Fmi parlano di una crescita dell'economia italiana pari all'1.1% con ulteriore rallentamento negli anni successivi, il ministro Tria, prevede una crescita dell'1.5% nel 2019, dell'1.6% nel 2020 e del 1.4% nel 2021.

Un ottimismo, che a onor del vero, ha sempre contraddistinto le manovre italiane e che da sempre è foriero di inasprimenti fiscali quando ci si accorge che le stime erano sbagliate. Come si vede una manovra, che seppur alleggerita, appare decisamente approssimata nei numeri, priva di coperture (e quindi fatta in deficit), dove la parte relativa alla spending review e agli investimenti risulta al momento un foglio bianco da riempire.

L'incontro Draghi- Mattarella

Ecco allora, che le prossime due settimane diventano "bollenti" per l'Italia, la cui manovra sarà attentamente valutata dalla Commissione Ue e dalle agenzie di rating. Sarà per questo motivo che un preoccupato Draghi ha incontrato lunedì Mattarella, ribadendogli la sua contrarietà, per le continue esternazioni degli esponenti gialloverdi, che sarebbero la concausa dello spread elevato. Inoltre pare che Draghi abbia espresso l'opinione circa il fatto che i politici della maggioranza paiono non rendersi conto del contesto internazionale che si va delienando, nel quale la fine del Qe si va a sommare con un'economia mondiale in frenata e un quadro geopolitico instabile.

Un giudizio che andrebbe tenuto in considerazione, visto che Draghi è la persona che, contro i tedeschi, ha letteralmente salvato i conti pubblici di numerosi paesi, sopratutto quelli italiani.

A conferma della fondatezza delle preoccupazioni di Draghi, oggi l'Istat informa, attraverso le sime date da un indicatore predittivo, che l'attuale fase di rallentamento economico proseguirà nei prossimi mesi

Un clima internazionale da resa dei conti

In effetti, i passaggi che attendono l'Italia sono molto delicati, anche per il clima di aperta avversione al governo gialloverde manifestato a più riprese dai politici europei. Se andiamo a scorrere i media stranieri, balzano all'occhio articoli come quelli di Bloomberg dove, di fronte a quello che viene definito il bluff italiano, si suggerisce di lasciare che siano i mercati ad impartire una "sonora lezione" ai "populisti", dove l'Ue dovrebbe semplicemente, senza tanto clamore, rigettare la manovra perché viola apertamente i trattati europei e lasciare il lavoro "sporco" agli investitori.

Cosa ci dice lo spread

Per concludere, a chiusura della settimana vediamo che lo spread sembra riflettere una situazione di stallo: dopo la rapida salita dei giorni scorsi, i mercati continuano a tenere i nostri titoli di Stato sotto pressione in attesa di vedere come si comporteranno a Bruxelles dove la manovra sarà presentata il giorno 15 ottobre.