Per la serie BlastingTalks intervistiamo Vicky Gitto, Presidente & Chief Creative Officer di ADCI. L’Art Directors Club Italiano (ADCI) dal 1985 riunisce i migliori professionisti nel campo della comunicazione pubblicitaria. L’associazione culturale seleziona i lavori più significativi della creatività italiana assegnando gli ADCI Awards, un punto di riferimento per la creatività e la qualità nella comunicazione pubblicitaria.
Blasting Talks è una serie di interviste esclusive con business e opinion leader nazionali e internazionali per capire come la pandemia di coronavirus abbia accelerato il processo di digitalizzazione e come le aziende stiano rispondendo a questi cambiamenti epocali.
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Partiamo dalla natura della vostra associazione: può raccontare com’è nata e di cosa si occupa?
La nostra associazione si chiama ADCI, Art Directors Club Italiano. È nata 35 anni fa da un gruppo di creativi di grande talento per celebrare la creatività italiana. Il momento più significativo per noi è la presentazione dei migliori progetti dell’anno tramite gli Awards. Nel frattempo l’associazione è un po’ cambiata, come sono cambiate le logiche della società. Si è passati da un approccio esclusivo a un formato più aperto. La maggiore inclusività si è riscontrata anche verso diverse forme di professionalità, che nel tempo si sono aggiunte a quelle più tradizionali.
Può fare qualche esempio specifico?
Tutte le figure dal mondo digitale, i creativi social, strategist, social media manager. Ma anche registi e fotografi. La nostra è diventata un’associazione che rappresenta realmente l’industria creativa nel suo più ampio senso. Quindi rappresentiamo professionisti con profili vicini, ma anche molto diversi tra di loro.
Una spinta dettata anche dal mercato digitale, che ha prodotto integrazione e anche la nascita e l’evolversi di figure professionali diverse.
Quali sono le principali attività che svolgete in favore dei vostri associati?
Siamo passati dall’avere un approccio esclusivo e fondamentalmente legato alla celebrazione dei migliori lavori dell’anno (tramite gli Awards) a cercare di diventare un vero e proprio punto di riferimento per l’industria della comunicazione.
Abbiamo implementato un dialogo costante con tutti gli associati attraverso momenti di scambio sulle tematiche più rilevanti del momento. Quindi viviamo di partnership continuative con le piattaforme più importanti del momento come Facebook, Google, Spotify, TikTok.
Con quali riscontri?
Questo presupposto ci mette in condizione di avere un piano editoriale legato a tutte le tematiche di aggiornamento sulle innovazioni che le piattaforme digitali rilasciano e sulle migliori case history di comunicazione che si sviluppano nel mondo. Così i nostri associati hanno costantemente un punto di rifermento dal quale attingere informazioni e stimoli. Poi affrontiamo anche temi tematiche legate al mondo dell’arte, non solo prendendo spunti da quelle figurative o più tradizionali, ma spingendoci anche ad approfondire frontiere più nuove e digitali come l’arte e gli nft.
Infine, diamo anche supporto e tutela legale ai nostri soci, avendo uno studio legale che ci segue su tematiche di grande attualità (come ad esempio il copyright).
Passiamo al concorso ADCI Awards: può spiegare come funziona?
Gli ADCI Awards sono il momento culminante del lavoro di un anno da parte di tutte le agenzie di comunicazione e di tutti i creativi. Facciamo ogni anno questa manifestazione in cui eleggiamo un presidente di giuria che seleziona i presidenti di tutte le singole categorie. Poi vengono composte le giurie in modo misto. Abbiamo inserito qualche anno fa un rappresentante del mondo delle aziende. Le giurie sono prevalentemente composte da soci che hanno grandi capacità professionali su categoria specifica, oltre a un esterno che ha competenze nel settore di riferimento e un giovane under 30.
E quali obiettivi si pone il concorso?
L’idea è di selezionare i migliori lavori dell’anno in tutte le categorie. Negli ultimi anni rilasciamo anche un documento finale che evidenzia i principali trend del mercato. Quindi, partendo dagli ori di ogni singola categoria, i presidenti offrono delle riflessioni sulle evidenze relative alle principali tendenze di mercato. Così facendo, il documento risulta utile sia per il settore della creatività, sia per il mondo del business e delle aziende.
Com’è cambiata la comunicazione pubblicitaria durante la pandemia e quali sono, se ci sono state, le eventuali ripercussioni sull’indotto del settore?
Le ripercussioni sono state enormi. Le persone hanno cominciato a vivere e lavorare molto più da casa e anche post pandemia molti continuano a dichiarare di voler continuare nello smart working.
Questo ovviamente impatta sulla modalità con cui si entra in contatto con le aziende e con i marchi. Da un punto di vista di associazione noi nell’anno in cui tanti grandi player di questa materia hanno messo in stand by la propria attività abbiamo deciso di esserci. Abbiamo pensato che era il momento più importante in cui dimostrare che le persone potevano continuare a contare sul nostro riferimento.
Nello specifico, quale strategia avete seguito?
Abbiamo fatto uno grosso cambiamento spostando tutto sulle piattaforme digitali. Questo ci ha permesso di dare una continuità che oggi ha ripagato con grandi soddisfazioni. Nel mondo del business si è tornati a dare valore alle attività locali, proprio perché siamo stati portati a vivere in casa.
E c’è stata una riscoperta forte del valore delle community. Cambiamenti come questi hanno portato a quello che oggi si definisce una forma di consumo consapevole e meno superficiale. Si fanno meno scelte, ma più ponderate. La comunicazione di conseguenza è passata da una forma di advertising a quello che oggi si definisce “actvertising” (una comunicazione che agisce). In quest’ottica, ci sono state tante aziende che hanno dimostrato di esserci al di là della vendita di prodotti e servizi. Per esempio dando supporto al momento del bisogno.
Quale valore ha assunto la creatività in questo momento storico? Può fare qualche esempio pratico?
La creatività ha assunto un valore centrale a 360 gradi.
Lo dico non perché sono un creativo, ma perché è quello che vediamo tutti i giorni. È uscita dal box del creativo ed è entrata in quelle stanze dove prima non veniva presa neanche in considerazione. Oggi il DNA di molte aziende si basa sulla creatività, sulla quale sviluppano il proprio business. La creatività è uscita dall’essere una parte finale nella sola creazione di relazioni forti tra le aziende e il mercato ed è entrata nell’azienda stessa. Per cui molte imprese hanno rivisto il proprio modo di operare inserendo grandissimi contenuti di creatività nella gestione interna e nel concepimento dei prodotti o dei servizi.
Possiamo quindi parlare di un vero e proprio salto di paradigma?
Sì, perché la creatività non è più appannaggio esclusivo del mondo dei creativi.
Oggi un amministratore delegato o un responsabile marketing di un’azienda, se è creativo, fa realmente la differenza. Un esempio per tutti: Elon Musk ha fatto della creatività la propria bandiera. I suoi prodotti sono prima di tutto delle grandi idee, poi supportate con una tecnologia innovativa. Ma restano prima di tutto idee per migliorare le persone e il mondo. E credo che tutti quelli che hanno capito questo passaggio, hanno costruito qualcosa di straordinariamente importante anche per gli altri.
Come vede l’evoluzione del settore della pubblicità e della comunicazione d’impresa nei prossimi anni e quali cambiamenti possiamo aspettarci?
I cambiamenti sono già in atto, nel senso che c’è sempre una maggiore consapevolezza nell’utilizzo dei canali digitali.
Che hanno in questo momento avuto un’esplosione esponenziale. Questo passaggio sicuramente impatterà sulle abitudini di consumo e sulle modalità di acquisto di qualsiasi persona. Non dimentichiamoci che recentemente Facebook ha dichiarato il proprio passaggio verso il metaverso. Dovremo prendere anche coscienza delle implicazioni nel modo di comunicare. Il luogo della relazione non è più un luogo fisico o specifico, ma il contatto con le persone può avvenire ovunque. E le aziende devono cominciare ad avere relazioni dirette con le persone proprio come se fossero esse stesse delle persone. Per cui comprendere le cose rilevanti per le persone. Sposare delle cause e risolvere delle tensioni anche dal punto di vista sociale.
Cosa significa avere una visione qualitativa ed etica nella comunicazione e quali sono i modelli virtuosi da seguire a livello deontologico?
C’è una bellissima frase che cito sempre “try to solve, not to sell”. È molto bella perché dice che oggi un’azienda che ha una visione aggiornata e condivisibile cerca di creare soluzioni, non solo di vendere. Perché ovviamente il fine di un’attività commerciale è fare un risultato economico. Ma se pensi solo a quello, perdi la grande opportunità di creare relazioni di valore, generando solo distacco dalla realtà e quindi dalle persone. Le persone cercano brand con cui condividere una visione, non brand che cercano di vendergli a tutti i costi qualcosa.
Ragionando in termini di comparto, cosa possiamo apprendere dall’esperienza vissuta negli ultimi tempi e a quali risorse possiamo fare ricorso per guardare con maggiore fiducia al domani?
In questi momenti le persone cercano punti di riferimento chiari e rilevanti. Una cosa che mi ha colpito molto delle ricerche che ho visto post pandemia è che molte aziende che avevano deciso di non comunicare sono state fortemente penalizzate dalle reazioni dei consumatori. Perché le persone riconoscono in queste aziende dei punti di riferimento nella propria quotidianità. Questo è un dato importantissimo perché tanti hanno comunicato e forse non sempre in un modo molto felice, però ci sono stati e le persone cercano brand di cui potersi fidare. Oggi fornire certezze e mostrare solidarietà anche da parte dei brand può alleviare, in modo immediato e tangibile, l’ansia che stiamo vivendo, alimentando positivamente il nostro senso di collettività in un momento di difficoltà. Per cui alla fine della nostra giornata ci ricorderemo di quei marchi e prodotti che si sono ricordati di noi e delle problematiche che abbiamo dovuto affrontare.