Per la serie Blasting Talks intervistiamo Andrea Boscaro, formatore ed esperto di temi legati all’e-business, al mondo dei social media e dell’editoria digitale. È anche fondatore e partner della società di formazione e consulenza dedicata al marketing digitale The Vortex.
Blasting Talks è una serie d'interviste esclusive con business e opinion leader nazionali e internazionali per capire come la pandemia di coronavirus abbia accelerato il processo di digitalizzazione e come le aziende stiano rispondendo a questi cambiamenti epocali. Leggi le altre interviste della serie sul canale Blasting Talks.
Partiamo raccontando ai lettori di cosa si occupa The Vortex e quali sono i suoi principali ambiti di consulenza.
The Vortex è nata ormai 11 anni fa da un’intuizione nel periodo dell’avvento dei social network. A quei tempi, con l’altro socio fondatore - Nicola Mauri - abbiamo immaginato che i social network avrebbero inevitabilmente portato le aziende a interessarsi al mondo del digital. Tutto ciò, senza la possibilità di delegarne la gestione a una realtà esterna, come avviene nella comunicazione strettamente pubblicitaria. Proprio individuando questo bisogno d'internalizzare le competenze, abbiamo visto l’opportunità di erogare formazione social e digital. Così da quel momento in poi ci siamo concentrati proprio su questa attività. Nel corso del tempo si sono uniti al nostro progetto due nuovi soci, Paolo Guaitani e Ugo Benini.
Con loro abbiamo ampliato lo spettro dei servizi, estendendoli alla consulenza e al digitale. Non solo al digitale come merito, ma anche come metodo di lavoro per lo sviluppo di soft skill nel social selling, personal branding e in aspetti emersi come importanti con il covid. Si pensi al customer service, al personal empowerment e al public speaking nel corso di riunioni e incontri da remoto.
Qual è stato l’impatto delle recenti crisi internazionali, come la pandemia e la guerra in Ucraina, all’interno del settore?
Innanzi tutto l’emergenza globale causata dal Covid, dal punto di vista dei bisogni delle aziende, ha reso ancor più necessario rispetto al passato formare le persone a gestire la comunicazione interpersonale e l’organizzazione dell’impresa attraverso strumenti di carattere digitale.
Il public speaking online, ad esempio, è diventata per molti una competenza cruciale. Per quanto riguarda la guerra in Ucraina, all’inizio poche persone si sono sbottonate per raccontare l’impatto. Qualche tempo dopo hanno iniziato a circolare delle ricerche molto interessanti. Credo si possa parlare di un risvolto diretto o di medio periodo e di uno indiretto e di lungo periodo: sul breve periodo, sono particolarmente interessanti alcune ricerche legate soprattutto ai settori digital fashion e food rispetto ai quali il Consorzio Netcomm stima un calo di esportazioni digitali tra 700 e 800 milioni di euro. Recentemente è uscita anche una ricerca sugli e-commerce italiani: solamente il 36% dei commercianti ha dichiarato di risentire dell’aumento dei costi come impatto del conflitto.
Penso però sia interessante analizzare quello che sarà l’impatto di lungo periodo della crisi in Ucraina. Se le cose non dovessero risolversi a breve, si enfatizzerà la segmentazione e separazione tra il mondo digital occidentale (Amazon e gli altri marketplace e social network): per poter arrivare in Russia si dovrà aderire alle piattaforme locali come Yandex, VK o Telegram. Piattaforme dove le aziende dovranno immaginare di essere presenti nel lungo termine.
Recentemente si è parlato molto del giro di vite UE sulle recensioni online: può raccontarci con quali risvolti?
Se ne è parlato, anche se la vicenda dello scioglimento delle Camere in Italia e dei limitati margini che il governo Draghi ha ancora per poter affrontare il problema posticiperanno questo argomento.
Lo scorso fine maggio era anche la scadenza per il recepimento della direttiva 2161/2019 che cambia completamente le regole del gioco. Da un lato conferma alcuni aspetti che erano già presenti nel nostro ordinamento, come quello per cui un sito di e-commerce non può pubblicare recensioni false. Però interviene molto significativamente su questo mondo. Per esempio, vietando di pubblicare solamente le recensioni positive e chiedendo di dare voce anche alle recensioni negative. Quindi questa manipolazione non sarà più possibile. Inoltre, si interviene sulla gestione della pubblicazione delle recensioni. I siti di e-commerce dovranno dotarsi di processi di verifica delle recensioni. Ecco perché anche questi siti, che oggi non si avvalgono di Trustpilot o Recensioni Verificate, dovranno affidarsi a realtà simili per la verifica e garantire che le recensioni siano autentiche.
Infine, la direttiva introduce l’obbligo per i siti di e-commerce a indicare le recensioni frutto di un premio o di un vantaggio per il recensore.
Un altro tema legato al settore è quello della contraffazione online: quali evidenze emergono e quali sono i nuovi scenari online?
Le cito due dati che personalmente un po’ mi hanno sorpreso. Il primo è piuttosto recente. Emerge dall’ufficio dell’Unione europea che si occupa della proprietà intellettuale (Euipo). Una ricerca su un pubblico giovane sotto i 24 anni ha individuato che il 27% dei consumatori di quell’età ha acquistato un bene online contraffatto. Di questi, il 37% lo ha fatto senza rendersi conto che fosse un errore. C’è inoltre una ricerca prodotta l’anno scorso da Certilogo, azienda italiana molto attiva nel mondo della moda, dove si rileva che il 19% di coloro che avevano comprato online un prodotto contraffatto nel settore fashion non se ne fossero accorti.
Questi due valori secondo me raccontano quanto la contraffazione prima di tutto si sconfigga con l’educazione al consumatore, aiutandolo a sapere quali sono le indicazioni e le informazioni che deve richiedere nel momento in cui va su un sito di commercio elettronico.
Tra i nuovi trend emergenti c’è quello dei configuratori web: quali sono le ragioni di tale successo?
Il filosofo Cosimo Accoto dice che siamo già nell’era della Simulazione. I prodotti che compriamo e che troviamo in un grande magazzino sono stati prima ideati digitalmente e poi portati nel mondo reale. Proprio perché la loro progettazione ha avuto luogo attraverso dei software. Essere già nell’era della simulazione significa la necessità sempre più forte di un’esperienza online che sia il più possibile verosimile, capace di rassicurarci all’idea di un prodotto che è stato predisposto sulla base delle nostre esigenze.
Credo che questa crescita di sensibilità poi produca il bisogno di avere strumenti sempre più avanzati di configurazione del prodotto secondo le nostre esigenze quando andiamo su un sito web. Questa è una delle ragioni per cui tanti siti di e-commerce, anche in settori molto complessi come l’abbigliamento, stanno facendo investimenti importanti su questo aspetto.
Può fare un esempio pratico di questa tendenza?
Ne cito uno, Lanieri. Un sito di e-commerce, proveniente dal distretto tessile del biellese, che si occupa di rendere possibile l’acquisto di abiti sartoriali di lusso. Ma lo fa completamente online, avendo investito molto sulla digitalizzazione delle immagini dei tessuti. C’è un aspetto interessante al riguardo.
Ho notato che le aziende che poi riescono davvero a sviluppare un’esperienza soddisfacente da questo punto di vista sono quelle che questa soluzione l’hanno già sviluppata per la propria rete distributiva attraverso dei preventivatori.
In che modo stanno evolvendo i social network e quali sono gli attuali rischi e le opportunità emergenti per coloro che impiegano tali strumenti nel business?
È un tema molto attuale. Di certo i social network sembra stiano tutti vivendo un cambiamento radicale della propria pelle. TikTok ha sicuramente cambiato questo settore, rendendolo un po’ meno sociale e portando il trend della micro-tivù. Possiamo dunque affermare che i social stanno diventando degli ambienti d'intrattenimento.
Si tratterà di capire se davvero si andrà verso questa direzione. Oppure se invece ciascuna piattaforma riuscirà a trovare un proprio posizionamento. Un’altra tendenza che mi sembra molto in crescita riguarda il tema della privacy. Le innovazioni su questo aspetto e sul consenso stanno portando a maggiore consapevolezza. È un’asticella che si è alzata, producendo un mondo distinto. Da una parte quello dei siti internet, che avranno probabilmente sempre meno dati e sempre meno margini di manovra. Dall’altro il mondo delle piattaforme digitali, dove questo aspetto della privacy avrà meno impatto perché gli utenti, essendo loggati in piattaforma, garantiscono di poter essere riconosciuti e coinvolti grazie ai cookie di prima parte.
Quindi c’è il rischio di una separazione tra le piattaforme “walled garden” e il mondo dei siti web.
Guardiamo al futuro: quali ulteriori innovazioni e novità possiamo attenderci nei prossimi anni nel campo dell’e-business, dei social media e dell’editoria digitale?
In questi settori il momento è saliente. Dipenderà forse non tanto dalle scelte delle piattaforme digitali, quanto dalle politiche nazionali e internazionali. Per non dire dalle scelte geopolitiche in merito alla raccolta e conservazione dei dati. Credo che le decisioni che si dovranno prendere nei prossimi mesi sanciranno la possibilità di usare come abbiamo sempre fatto le piattaforme web. C’è il rischio d'incorrere in piattaforme più povere sul piano dei dati e con meno margini di manovra.
Ma in fondo il futuro dipenderà da scelte prese su un piano più alto rispetto alla industry del digitale. Infine, lo scenario di domani sarà dettato anche da quanto dovranno spendere in termini di risorse le imprese per garantire il proprio posizionamento digitale. Non solo sul sito internet, ma anche sulle piattaforme. Quindi è probabile che vedremo realizzarsi una frammentazione fra tutte queste piattaforme che sono diventate tali da rappresentare la prima scelta da parte dei consumatori.
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