Per la serie BlastingTalks intervistiamo Sonia Peronaci, già fondatrice di Giallozafferano e ora di soniaperonaci.it, un sito personale di ricette, consigli gastronomici e molto altro ancora. Presenta i propri contenuti in televisione e attraverso libri, eventi e cooking show. Ha inoltre lanciato la Sonia Factory, un progetto nato con l'obiettivo di abbracciare diverse realtà, coniugando l'online e l'offline, ossia uno spazio polifunzionale destinato a ospitare eventi.
Blasting Talks è una serie d'interviste esclusive con business e opinion leader nazionali e internazionali per capire come la pandemia di coronavirus abbia accelerato il processo di digitalizzazione e come le aziende stiano rispondendo a questi cambiamenti epocali.
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Partiamo parlando della sua storia, come nasce l’idea di Giallozafferano e in che modo è arrivata oggi al suo sito personale e alla Sonia Factory?
L’idea di Giallozafferano nasce dall’unione di due mie passioni: quella per il web e quella per la cucina. Nel 2006 io e il mio compagno Francesco Lopes fondiamo Giallozafferano perché avevamo voglia di parlare di cucina senza avere un locale e il web all’epoca era una novità. Era tutto un po’ prematuro. La gente non era abituata e non c’erano smartphone e tablet. Ma avevamo visto che all’estero il web aveva preso piede. Così siamo stati dei precursori investendo in questa idea, anche se poi abbiamo dovuto aspettare tre o quattro anni per avere un ritorno economico importante e per sviluppare ulteriormente il progetto.
Nel 2009 siamo stati acquisiti. Così ho passato un’altra decina d’anni. Poi nel 2015 mi sono slegata e ho creato il mio brand personale. Oggi lavorando sulla mia persona posso avere un appeal diverso, un peso diverso… e posso decidere in libertà, permettendomi anche maggiore creatività.
Qual è il segreto del legame che ha sviluppato in questi anni con le tante persone che la seguono?
Credo che abbia funzionato il fatto di rimanere fedeli a se stessi. Io sono sempre stata molto tutoriale e per me l'importante era dare un contributo, qualcosa di utile alle persone. Non solo ricette. Volevo spiegare anche delle tecniche. Insegnando dei trucchetti e dando un valore aggiunto, insieme a esperienze che poi rimangano.
Alla fine se insegni a cucinare le persone possono iniziare a creare le loro ricette. Credo che il mio segreto sia nella semplicità e nella intuitività delle ricette.
Cosa significa per lei cucinare e come nascono le idee creative che presenta all’interno dei suoi contenuti?
Le ricette nascono da molteplici situazioni. Dal cliente che arriva con un prodotto e ti chiede di creare qualcosa di nuovo. Dalla stagionalità. Ma anche dalle feste e dalle ricorrenze. Magari si trasformano piatti tipici di Natale e Pasqua in qualcosa di diverso. La rielaborazione di un piatto classico a volte piace molto. Abbiamo anche ricreato le ricette regionali, che erano la base da cui partire per poi andare a fare delle piccole modifiche.
Come ad esempio la carbonara di mare. Ma a volte le idee nascono anche dai tormentoni del web. Ci sono delle ricette che arrivano dall’estero e piacciono tantissimo. Poi ovviamente tante volte invento delle ricette in base ai miei gusti, per le aziende o per un momento specifico.
Diventare influencer nel mondo del food è un sogno inseguito da molti: può dare qualche consiglio alle persone che vorrebbero seguire la sua strada?
Io ripeto sempre che non ho mai pensato di fare l’influencer, ma ci sono diventata. A parte la battuta, direi che conta la qualità di ciò che fai. Questo genere di lavoro va concepito come un investimento sulla propria persona di lungo termine. Secondo me la qualità di quello che si fa, la costanza, la perseveranza, il cercare di capire cosa vuole la gente sono tutti ingredienti di questa ricetta.
Ed è importante anche trovare uno spazio nel momento giusto. A volte bisogna aspettare semplicemente che un social maturi per proporsi.
Che tipo di impatto hanno avuto le recenti crisi internazionali, come la pandemia o la guerra in Ucraina, sul suo lavoro e sulla cucina in generale?
Dopo il primo impatto di panico, con la pandemia paradossalmente abbiamo lavorato di più, perché siamo molto basati sul web. Quando abbiamo capito che potevamo continuare a lavorare nonostante le misure restrittive, ci siamo adoperati per offrire contenuti alle persone. Invece la guerra ha avuto un impatto recessivo sulle aziende, perché i costi sono lievitati. Tante realtà non ce l’hanno più fatta, quindi hanno tolto per prima cosa risorse al canale della pubblicità, anche sui social.
Noi andiamo sempre avanti e fortunatamente in tutte e due queste circostanze siamo riusciti a non mandare nessuno in cassa integrazione. Ovviamente speriamo si possa uscire dalla situazione attuale nel più breve tempo possibile.
Quali sono le principali sfide che ha dovuto affrontare per riuscire a realizzare i suoi progetti? Ci può raccontare un episodio?
Le sfide sono tante. Poi devo dire che essendo da tanto tempo in questo mestiere c’è sempre una nuova sfida da affrontare. In questo momento c’è anche una grande crisi d'identità perché tante aziende hanno fatto retromarcia sugli investimenti e tutto il mondo social sta abbastanza soffrendo. C’è anche una crisi di valori, perché oggi come oggi sembra che la qualità e la cultura non contino più niente.
Bisogna essere lungimiranti e guardare al lungo periodo. Penso alla grande sfida che ho affrontato, ad esempio, nel lasciare il mio lavoro, perché io e Francesco facevamo i commercialisti. Poi una seconda volta ho dovuto affrontare un grande cambiamento quando ho lasciato Giallozafferano per costruire qualcosa di nuovo. Del resto, quando duri tanto nel tempo ci sono tanti cambiamenti. E poi anche rimanere quella che sei è una sfida.
Guardiamo al futuro: quali ulteriori innovazioni e novità intravedete e quali progetti avete in fase di sviluppo per i prossimi anni?
È molto importante diversificare. In modo che se non funziona più qualcosa, puoi contare su altro. Ad esempio, avere lo spazio eventi ci permette di diversificare le entrate e affrontare meglio i periodi di turbolenza, anche se poi tutto un po’ si lega.
Per noi avere il sito, essere sui social, fare televisione, scrivere libri e gestire lo spazio eventi rientra in questa strategia. Poi per cavalcare i nuovi trend ci piacerebbe avere un locale pubblico. Magari trasformando il brand in qualcosa di tangibile. Quindi avere un locale che non sia solo lo spazio evento e forse anche aprire un franchising. Il tutto senza perdere la propria identità e restando fedeli ai nostri valori e al nostro modo di insegnare alle persone a cucinare, trasmettendo passione, creatività e nuove idee.