In occasione della Giornata Internazionale della donna, Amnesty International dà concretezza a questa celebrazione ponendo l'accento sulla normative relative alle violenze sessuali. Quale modo migliore di celebrare le donne con l'aggiornamento di normative che fino ad oggi hanno rischiato di favorire più gli stupratori che le vittime. L'organizzazione internazionale sui diritti umani ha infatti parlato di cosiddetta "cultura dello stupro", di cui si macchiano in particolare l'Italia, l'Irlanda, Inghilterra e Galles, Scozia, Irlanda del Nord, Belgio, Cipro, Germania, Svezia, Lussemburgo e Danimarca.
I paesi europei e la Convenzione di Istanbul
II difetto maggiore delle attuali normative sulle violenze sessuali è quello di non adeguarsi all'art. 36 della Convenzione di Istanbul, risalente all'11 maggio 2011, che considera stupro "qualunque rapporto sessuale in cui non via sia esplicito consenso". La normativa in questione ruota intorno alla definizione di consenso esplicito, il cui riferimento manca nelle normative dei paesi europei sopra citati. Anche l'Italia peccherebbe di omissioni normative in materia di violenza sessuale. Infatti, sebbene l'Italia abbia approvato la Convenzione di Istanbul con una legge entrata in vigore il 2 luglio 2013, non c'è ancora una normativa che possa soddisfare quanto sottoscritto in essa.
Quando si parla di consenso?
Secondo la Convenzione di Istanbul, il difetto del codice penale italiano sarebbe quello di utilizzare la definizione "assenza del consenso" in merito alla questione sulle violenze sessuali. L'art. 609-bis del codice penale italiano parla infatti di "compiere atti sessuali con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità".
Il portavoce Nuri di Amnesty International ha però ribadito che evitando di parlare di "assenza di consenso" c'è il rischio che vengano lasciati fuori dalla normativa casi gravi di stupro. Sarebbe quindi necessario per i paesi europei adeguarsi alla Convenzione di Istanbul, per far fronte a quegli stupratori che altrimenti rimarrebbero impuniti.
Secondo Amnesty International parlare di consenso è estremamente importante dato che, in casi di violenza, la vittima potrebbe essere portata a proteggersi dietro uno "stato di alienazione". In questi casi in cui il consenso non sia esplicitato, potrebbe sembrare che non sussista reato, laddove invece si possano ravvisare altri elementi di violenza.