Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria, appoggia il presidente del Consiglio Matteo Renzi per la riforma sul lavoro. A Salerno dichiara che la situazione dell'articolo 18 è emblematica, dato che gli industriali stranieri sono preoccupati per la situazione delle industrie italiane, qualsiasi manovra che permetta un aumento degli investimenti privati è importante. Inoltre il numero uno dell'industria italiana afferma la propria fiducia nel Governo Renzi per l'elevata qualità di analisi dei problemi del Paese; aggiunge che criticare la buona riuscita con i tanti problemi presenti non è possibile e il risultato si potrà giudicare solo alla fine.
Sui sindacati
Dopo essere stato ingiustamente definito "colomba" attacca i sindacati definendoli medievali. Infatti diciotto mesi fa dopo aver firmato un accordo che mancava da cinquant'anni sulla rappresentanza sindacale, ancora non può essere attuato per discussioni interne agli stessi sindacati. Purtroppo i sindacati in Italia non riescono ad andare di pari passo con i tempi che corrono.
Il presidente Squinzi dichiara che è una vergogna l'imposta della tanto odiata Imu su macchinari e capannoni, definendola antistorica e anti-industriale. La situazione insana di alcune aree del Paese non può altro che rammaricare il numero uno dell'industria italiana, per questo che cerca continuamente di prendere in pugno i problemi e battersi per il bene dell'Italia.
Sull'Europa e Mario Draghi
Essendo un imprenditore anche negli Stati che erano sotto il regime comunista, afferma che nel nostro Paese un regime fiscale meno oppressivo e aggressivo migliorerebbe di certo la situazione, soprattutto della piccola-media industria. La "Flat Tax" semplificherebbe il fisco riducendo le cause contenziose, e gli investimenti sulla ricerca e sulle infrastrutture devono uscire dallo stretto limite del 3%.
Dopo aver conosciuto personalmente il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, rivela di avere gran fiducia nelle capacità di quest'ultimo e continua dicendo che non bastano solo riforme monetarie, ma una politica forte europea.