La riforma del lavoro prevista dal governo Renzi è giunta al traguardo con una sostanziale modifica dell'articolo 18 dello statuto dei lavoratori. Effetto del cambiamento è la ridotta possibilità di reintegro in azienda in caso di licenziamento illegittimo del lavoratore. Una premessa importante è che la nuova normativa riguarderà esclusivamente i lavoratori assunti a partire dal 1° gennaio 2015 nelle aziende con più di 15 dipendenti. Restano esclusi coloro che hanno già in piedi un contratto di lavoro a tempo indeterminato; per costoro, almeno in ambito di licenziamento, continuerà ad applicarsi quanto disposto dalla riforma Fornero.

Il Jobs Act ha apportato una modifica all'art. 18 dello statuto dei lavoratori che disciplina i licenziamenti individuali. A differenza di quanto previsto fino ad oggi, in caso di licenziamento dichiarato illegittimo dal giudice, solo in alcune fattispecie sarà previsto il reintegro del lavoratore nell'organico dell'impresa. Vediamo quando.

Licenziamento economico o per giustificato motivo oggettivo

È il licenziamento effettuato per ragioni imprenditoriali e riorganizzative, ad esempio in caso di crisi aziendale. Qualora questo tipo di licenziamento venga dichiarato illegittimo dal giudice, a fronte dell'introduzione del contratto a tutele crescenti, si perde la possibilità di essere reintegrati nella struttura aziendale.

Previsto un risarcimento in denaro determinato dalla legge e crescente in base all'anzianità di servizio del lavoratore. Il datore di lavoro, dunque, a fronte dello scioglimento del rapporto di lavoro sarà condannato al pagamento di un indennizzo proporzionato agli anni di carriera del lavoratore.

Licenziamento discriminatorio e disciplinare per giustificato motivo soggettivo

Il licenziamento discriminatorio è il licenziamento fondato su un motivo di carattere politico, razziale, religioso, di lingua e di sesso.

Esso è vietato dalla legge, nullo e pertanto comporta il reintegro del prestatore di lavoro.

Il licenziamento disciplinare per giustificato motivo soggettivo si verifica nei casi di assenteismo o insubordinazione o nei casi in cui il dipendente non ubbidisca ad ordini aziendali e compia atti illeciti. Il lavoratore ha diritto al:

  • reintegro in azienda, solo qualora si fornisca piena prova dell'insussistenza del fatto contestato dal datore di lavoro;
  • un indennizzo, qualora non si riesca a provare la mancanza del fatto che ha determinato il licenziamento o qualora il fatto non sia di gravità tale da giustificare il licenziamento.

Il risarcimento corrisposto dal datore di lavoro ammonta a 2 mensilità dell'ultima retribuzione per ogni annualità di servizio prestata, con il limite di 24 mensilità.

Per i neo assunti è previsto un indennizzo minimo pari a 4 mensilità. Si vuole dunque evitare che le aziende si avvalgano della nuova normativa per licenziare più facilmente i neo assunti che ovviamente avrebbero diritto a risarcimenti poco elevati.

In sintesi, il reintegro in azienda per il lavoratore è previsto nei casi di licenziamento discriminatorio e di licenziamento disciplinare qualora non si riesca a provare la mancanza del fatto contestato.