La Repubblica pubblicai risultati di uno studio condotto dagli analisti della Deloitte& Touche doveviene messo in evidenza quanto siano più ricche le pensioniitaliane nei confronti di quelle vigenti nel resto dell'Unione.Questo però comporta una compressione della busta paga e una minorecompetitività delle imprese. In media i contributi sono pagati peril 29% dai datori di lavoro e per il 8% dai lavoratori, pesando intotale per il 37% sul totale complessivo della busta paga. Chi hapotuto lavorare accumulando i contributi si ritrova con una dellePensioni piùgenerose di tutto il continente a scapito di coloro che andranno ariposo col sistema retributivo.
L'analisidi Deloitte & Touche
Lostudio di Deloitte& Touche prendein esame le pensioni di un autonomo, di un dirigente e di un operaio.Il caso in esame considera che la carriera sia stata la stessa inpaesi quali Germania, Spagna, Regno Unito e Italia, includendolavoratori che abbiano iniziato a lavorare dal 1 gennaio 1996, ossiala data dalla quale è entrata in vigore la legge Dini che disponevail sistema contributivo. Un dirigente in Italia prenderebbe unapensione dopo 45 anni pari a € 115.000 contro i 31,614 euro dellaGermania e i 50.948 euro della Spagna. Il risultato più altoconseguito in Italia non tiene però conto del peso della tassazioneche ne riduce progressivamente l'importo fino ad avvicinarlo alrisultato spagnolo.
Differenzecoi vicini
Deloitte&Touche identifica quella italiana come la pensione più alta ditutto il continente europeo. Sicuramente il risultato si spiega conil grande peso contributivo costituito dalle ritenute previdenzialiversate durante il lavoro. Nel caso tedesco invece i contributi sonoinferiori per avere uno stipendio più elevato, in Spagna c'è untetto mentre oltremanica si percepisce una pensione socialeaffiancata dalla previdenza complementare. Il confronto coi vicinipuò costituire un valido elemento di studio per ripensare il sistemapensionistico italiano.