Le recenti analisi del consiglio di vigilanza sul bilancio dell'Inps continuano ad indicare una situazione di stress dell'ente di previdenza pubblico, visto che anche nel corso del 2015 chiuderà con un disavanzo di bilancio; anche se la sostenibilità pensionistica di lungo termine non è messa in discussione, i tecnici hanno comunque evidenziato la necessità di verificare con attenzione l'andamento delle gestioni in maggiore difficoltà, senza escludere ulteriori interventi correttivi. Questa notizia non può che essere il punto di partenza per comprendere quanto sia fondamentale per la resilienza dell'approccio previdenziale pensare per tempo a quello che viene definito il secondo pilastro pensionistico, ovvero la pensione integrativa.

Stante che già oggi il sistema di calcolo contributivo pubblico per le persone più giovani sarà sicuramente prevalente, bisogna sottolineare che l'idea di sottoscrivere una pensione integrativa dovrebbe essere valutata attentamente anche da chi non è troppo lontano dal pensionamento, visto che i meccanismi di quiescenza anticipata che potrebbero arrivare a correzione della legge Fornero dovrebbero comunque prevedere un riconteggio contributivo della mensilità.

Pensione integrativa: l'incertezza del legislatore rallenta le adesioni, ma i rendimenti passati battono il TFR

D'altra parte, nelle scelta di chi si trova a valutare l'adesione al secondo pilastro della previdenza non vi sono solo le agevolazioni relative alla deducibilità della quota versata (fino ad un massimo di 5.164,57 €): a giocare in favore di tale ipotesi rispetto al mantenere la liquidazione in azienda vi sono anche i rendimenti raggiunti negli ultimi anni, visto che solo nello scorso 2014 la media della rendita ottenuta del secondo pilastro si è attestata attorno al 7%, mentre il TFR si è rivalutato appena dell'1%.

Purtroppo sulla questione sembra pesare anche una certa volubilità normativa, causata dai continui cambi di direzione del legislatore: la legge di stabilità 2015 ha infatti previsto un aumento retroattivo della tassazione sui rendimenti, passata dall'11,5% al 20%. Un elemento che rende difficile e incerta ogni valutazione d'investimento che di fatto (per i contribuenti più giovani) può bloccare il capitale anche per un periodo di tempo lunghissimo.

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