Prosegue con la giusta veemenza il dibattito riferito a pensioni lavoratori precoci e lavori usuranti: se da una parte il governo Renzi non si è mai riferito esplicitamente alle due vertenze dall'altra continua a vagliare soluzioni che potrebbero interessarle per via indiretta, con la riforma dell'istituto del prepensionamento attualmente in primo piano. Le due ipotesi di riforma maggiormente percorribili ad oggi rimangono la Quota 41 proposta dal presidente della Commissione Lavoro Cesare Damiano e l'APA (Assegno Pensionistico Anticipato) o prestito INPS 'sponsorizzato' invece nelle scorse settimane dal ministro Poletti.

La prima soluzione prevedrebbe un'uscita per tutti i lavoratori fissata a 41 anni di contributi a prescindere dall'età anagrafica di riferimento, la seconda consisterebbe nella molto meno gradita corresponsione di un prestito erogato dall'INPS a tutti quei lavoratori che accettino di abbandonare in anticipo l'impiego (24 o 36 mesi prima della naturale scadenza). E mentre torna a farsi polemico il dibattito fra governo Renzi e sindacati lo stesso Cesare Damiano si è lasciato andare ad una 'confessione', sottolineando come all'epoca del suo mandato governativo gli fu consigliato di percepire una pensione d'oro che il presidente della Commissione Lavoro ha però rifiutato. Un bel gesto che nessuno però dalle parti di Palazzo Chigi sembra intenzionato a riproporre.



Pensioni lavoratori precoci e lavori usuranti, Quota 41 e APA: il 'sacrificio' di Damiano - Serve equità

Come sottolineato in apertura, parlando di pensioni lavoratori precoci e lavori usuranti tiene ancora banco l'ipotesi Damiano, che vorrebbe un'uscita dal lavoro fissata per tutti a 41 anni di contributi a prescindere dall'età anagrafica. Si tratta della prima alternativa alla Quota 100, misura sulla quale l'ex ministro ha speso più di un intervento. L'ultimo la settimana scorsa, quando è tornato a ribadire come la stessa Quota 100 (intesa come somma tra età anagrafica e età contributiva) rappresenti 'una soluzione robusta e affidabile'. E proprio lui, Cesare Damiano, nella giornata di ieri è tornato a parlare di previdenza, Pensioni d'oro ed equità: 'Quando ero al governo mi dissero: sei ministro e parlamentare, se l'ultimo giorno ti dimetti da deputato, la tua pensione viene ricalcolata e hai diritto a percepire 10mila euro lordi mensili […] Io ho rinunciato e sono andato in pensione con 2.350 euro netti […] La politica ignora i problemi legati alla previdenza perchè sotto la spinta di una situazione in cui occorre far quadrare i conti, si tende a mettere mano dove si pensa che ci siano più risorse senza però discuterne'. A fargli eco a Palazzo Chigi l'intervento del sottosegretario alla Giustizia Cosimo Maria Ferri, che parlando di pensioni d'oro e previdenza ha evidenziato come sia sempre più difficile 'spiegare l'erogazione di certe pensioni a chi a stento arriva a percepire quella minima'.



Da sempre si parla di mancanza di fondi per poter procedere alla risoluzione di certe vertenze, in primis i casi pensioni lavoratori precoci e lavori usuranti, ma a ben vedere i fondi sembrano esserci. Il problema è che vengono impiegati altrove. Neanche un mese fa la Camera ha votato no al taglia-vitalizi per gli ex deputati (un giochino che all'Italia costa 230 mln di euro l'anno), il tutto mentre il presidente INPS Tito Boeri propone (inascoltato) ormai da settimane un taglio alle pensioni d'oro che potrebbe fruttare allo Stato, conti alla mano, oltre 4 miliardi di euro l'anno. Con cifre come queste a scorrere sotto il naso dei cittadini c'è anche chi come il ministro Poletti si permette di parlare di prestito INPS per innescare il ricambio generazionale, misura questa che non farebbe altro che portare i lavoratori ad autofinanziare il proprio pensionamento. Seguiremo comunque l'evolversi del dibattito, cliccate il tasto 'Segui' in alto a destra per rimanere aggiornati.