Su Il Manifesto di questa mattina viene pubblicato un interessante articolo in cui si mettono a nudo tutti i limiti di una riforma della Scuola che non elimina assolutamente il precariato, come annunciato con enfasi dal governo Renzi. Questa riforma della scuola non piace a nessuno dei docenti e nemmeno agli studenti che nelle scorse giornate hanno dato vita a cortei di protesta in difesa della scuola pubblica. Emerge dalla stessa uno sbilanciamento in favore dei capitali privati e delle scuole paritarie, introducendo concetti aziendalistici incompatibili con una gestione della cosa pubblica.

Chi entra e chi esce

Dopo ripetuti annunci e gaffes dei membri del governo che parlavano di 150 mila assunzioni, dato corretto poi dalle statistiche del Miur, si è scesi fino a 100.000 docenti che avranno il ruolo il prossimo 1° settembre 2015. Si tratta dei vincitori del concorso 2012 e dei docenti che sono iscritti nelle Graduatorie ad Esaurimento. I diplomati magistrali entreranno nel 2016 in numero di 23mila unità, mentre gli iscritti alle Graduatorie di Istituto rimarranno fuori senza appello, a meno che non facciano un concorso.

Chiamata diretta dei docenti

Non piace questo provvedimento perché si teme possa dare adito a forti discriminazioni all'interno della categoria per il rischio clientelismo in esso insito.

Non convince nemmeno l'istituzione di un albo apposito dal quale attingere per le nomine e di recente la Corte Costituzionale si era già espressa in Lombardia, con una sentenza recante numero 76 risalente al 24 aprile 2013 che bocciava senza appello la norma, ricordando altresì che solo lo Stato può chiamare il docente e non già i presidi.

Al riguardo si veda quanto scritto da Orizzontescuola.it qualche giorno fa. Verrebbe data alla scuola una connotazione aziendalistica impropria rispetto alla funzione che deve garantire.

Gli sgravi alle paritarie

Su questo punto la sollevazione dell'opinione pubblica è totale ed unanime. Gli studenti che hanno manifestato a Milano nei giorni scorsi a difesa della scuola pubblica non accettano che vengano riservati capitali alle scuole paritarie quando gli istituti pubblici versano in condizioni di degrado tali per le quali sono le famiglie a pagare contributi volontari anche per comprare la carta igienica.

Diritto allo studio

Un altro punto contestato dagli studenti, che in qualche modo si riallaccia col precedente, è quello costituito dal fatto che nel Ddl non venga mai menzionato il diritto allo studio destinando risorse utili per i trasporti, ingressi nei teatri e luoghi di cultura o vouchers per l'acquisto di libri di testo. Manca un elemento di gestione democratica della cosa pubblica.

Dubbi sulle coperture

Tutto l'impianto della Buona Scuola si regge esclusivamente sui tagli alla spesa per 500 milioni senza immissione alcuna di liquidità aggiuntiva. A bilancio le risorse non ci sono come già fatto notare dalla Ragioneria dello Stato, senza considerare che l'aumento della rinnovata autonomia degli organici arriverebbe a costare 5 miliardi invece del miliardo stanziato da Renzi.