Il piano che il premier Renzi va esponendo giorno dopo giorno su più palcoscenici (due giorni fa a Palazzo Chigi nella conferenza stampa successiva al Cdm e ieri sera ospite di Porta a Porta) sembra attirare il favore dei più. Se solo avessimo azzardato un simile scenario qualche settimana fa saremmo stati tacciati di follia. 'Per il premier Renzi si pone un grosso interrogativo sul come effettuare il rimborso a causa del blocco delle indicizzazioni' aveva dichiarato Cesare Damiano, sicuro di come si sarebbe assistito all'ennesimo passo falso compiuto dall'ex rottamatore.

E invece il premier ha risolto il problema dei rimborsi decidendo per bonus una tantum e promettendo le tante attese misure di flessibilità in uscita. Tutto fatto dunque? Secondo qualcuno no, come sottolineato anche da Roberto Giovannini sulle colonne della Stampa alcuni giorni fa. Al di là del piano rimborsi, nell'attuare il quale decisivo è stato il ruolo del ministro Padoan, a tenere banco sono altre dichiarazioni rilasciate dal premier che a prima vista paiono ben auguranti in ottica Pensioni lavoratori precoci. Più flessibilità e uscite anticipate in cambio di piccole decurtazioni. Come rendere effettivi però questi tagli? A quanto ammonteranno? E soprattutto, i cittadini saranno disposti a decurtarsi 'la paga previdenziale'?

Tutte domande a cui bisogna ancora dare una risposta.

Novità pensioni lavoratori precoci e lavori usuranti, Renzi e Padoan verso la svolta ma qualcosa non torna

Partiamo dall'ormai famoso esempio della nonna. 'Se una donna (ma anche un uomo) vuole stare con i suoi nipotini uscendo prima dal lavoro glielo dobbiamo concedere. Come? La facciamo uscire tre anni prima ma prenderà circa 40 euro al mese in meno di pensione'. Un compromesso accettabile a prima vista ma secondo qualcuno il calcolo di Renzi è da cestinare. Esiste un progetto di legge a firma Damiano/Baretta che chiede di istituire il prepensionamento a partire dai 62 anni con penalizzazioni del 2% per ogni anno di anticipo, ragion per cui la nonna d'Italia, su una pensione di 1000 euro presa a 61 anziché a 66 anni, perderebbe 100 euro al mese e non 40. Più chiaro il pensiero della Ragioneria di Stato, per la quale la nazione pagherebbe comunque 5 miliardi di euro l'anno in più. Se la decurtazione di cui ha parlato Renzi fosse invece proporzionale la riduzione dell'assegno sarebbe molto più consistente dei soli 100 euro citati. Il risultato? La creazione di tantissimi giovani pensionati poveri, come dice Giuliano Cazzola 'a metà secolo ci saranno più over 80enni che ragazzi con meno di 14 anni'. Per concludere, quella dell'uscita anticipata a fronte di piccoli tagli appare la strada giusta per molte vertenze, in primis lavoratori precoci e lavori usuranti, ma va intrapresa con criterio e senza dare cifre sballate.



Senza contare il fatto che i punti cardine espressi dal Premier non sono il parto della sua mente in un momento di grande genialità. Esistono già e sono contenuti in più di un provvedimento al vaglio delle Camere. Su tutti le famose Quote, Quota 100, Quota 97 e Quota 41 (quest'ultima basata solo sugli anni di contribuzione, le prime due costruite sulle somma tra età anagrafica e anzianità contributiva). Altra cosa fondamentale, come verrà reso operativo il meccanismo di anticipo? Per intendersi, sarà una libera scelta del lavoratore oppure una norma da seguire? E se nel primo caso la maggior parte dei lavoratori precoci o di quelli impegnati in attività usuranti decideranno che non sono disposti a tagliarsi la retribuzione per andare in pensione prima cosa accadrà? Il piano potrebbe fallire e con esso ogni altra cosa. Diciamo pure che il solo fatto di vedere il premier Renzi ragionarci su può essere considerato una svolta. Per il resto meglio fare due-tre respiri profondi e attendere i prossimi sviluppi.