In Italia il settore delle Pensioni ha sempre rappresentato uno dei punti più controversi, principalmente a causa dell'enorme peso che hanno sulla tenuta dei conti pubblici, essendo una delle maggiori voci di spesa del bilancio nazionale. Inoltre, proprio il settore delle pensioni è sempre stato considerato, da tutti i governi che si sono susseguiti alla guida del paese, come un "grande bancomat" da dove attingere nei casi di emergenza economica nazionale.

Nemmeno la più recente riforma Fornero è riuscita a stabilire definitivamente regole condivise e soprattutto funzionali, visti i tentativi di riscrittura di larghe parti della riforma stessa.

L'ultima modifica prevista che ha messo sul piede di guerra praticamente tutti, è la proposta di Tito Boeri di applicare il metodo contributivo, con l'effetto di una sensibile riduzione degli assegni.

Comparazione tra il sistema pensionistico italiano e quelli dei paesi europei

Il Servizio Studi della Camera dei deputati ha redatto un dossier molto completo sul sistema pensionistico italiano, confrontandolo con quello di altri 30 paesi europei. Quello che ne viene fuori è davvero interessante: Il dato che più significativo è quello che asserisce che nel 2050, quando l'attuale sistema appena riformato entrerà a pieno regime, per ottenere la pensione di vecchiaia occorrerà aver compiuto 69 anni e 9 mesi, il dato più alto tra tutti i paesi presi in considerazione.

Inoltre, anche sul fronte delle pensioni anticipate, dal dossier risulta che il nostro sistema è tra quelli con le condizioni più dure in tutta Europa per i pensionati. 

Le pensioni di vecchiaia

Con la nuova riforma l'età pensionabile subirà inevitabili aumenti graduali nel tempo, a causa dell'aumento delle speranze di vita, toccando quota 67 anni dal gennaio 2021 e 69 anni e 9 mesi a partire dal 2050.

Tra le più rigorose in Europa, troviamo quella tedesca, che ha un età pensionabile standard dal 2029 fissata a 67 anni, con eccezione per i lavoratori con 45 anni di contributi, per i quali l'età minima per andare in pensione scende a 65 anni.

In Francia invece, i nati prima del primo luglio 1951 possono accedere alla pensione a 60 anni, con aumenti di 5 mesi per ogni anno di nascita fino ad arrivare ai 62 anni per i pensionati nati dal 1955 in poi.

In Islanda la quota è fissata a 67 anni. Stessa cosa anche per la Spagna, ma solo per chi ha versato meno di 38 anni e 6 mesi di contributi, soglia oltre la quale l'età minima si abbassa a 65 anni, per tornare nuovamente all'età di 67 anni per tutti i pensionati a partire dal 2027.

Le pensioni anticipate

In paesi come Irlanda, Norvegia, Paesi Bassi, Inghilterra, Danimarca e Finlandia questo tipo di pensione non è contemplato, mentre in Germania si può lasciare il lavoro a 63 anni avendone versati 35 di contributi, che scendono a 60 nel caso di donne che sono nate prima del 1952 e abbiano 15 anni di contributi versati. In Francia invece sono previsti tre casi per poter accedere alla pensione anticipata: in caso di lunga carriera tra i 56 e 60 anni, per disabilità grave tra i 55 e 59 anni, e a 60 anni per i lavori usuranti o nei casi di infortuni sul lavoro che abbino causato invalidità.

Nella penisola iberica invece, è possibile ottenere la pensione anticipata a 60 anni per quei lavoratori che sono stati messi in regola con il sistema abolito nel 1967. Inoltre, con 35 anni di contributi, è possibile anticipare l'assegno fino a due anni in caso di entrata in pensione volontaria.