Le ultime dichiarazioni del premier Matteo Renzi sono state piuttosto chiare: è ancora presto (anche se, in realtà, si sta facendo 'tardi') per dire se sarà possibile inserire all'interno della prossima legge di stabilità una misura sulla flessibilità in uscita che apra le porte ad una riforma delle pensioni da attuare tra il 2015 e il 2016. Le ultime notizie non fanno ben sperare: lo stesso Giuliano Poletti, Ministro del Lavoro e renziano fedele, ha fatto sapere ai sindacati che, per il momento, le varie proposte di riforma del sistema previdenziale (Quota 100 e 97 di Damiano, contributivo di Boeri) sono ancora allo studio del governo, e che le risposte non potranno arrivare in tempi brevi.
Il problema è sempre lo stesso: trovare le risorse economiche e finanziarie per poter progettare la riforma delle Pensioni sulla base di una maggiore flessibilità in uscita. L'Europa osserva con attenzone l'Italia, e Matteo Renzi non intende finire come la Grecia, eppure, almeno secondo la UIL, le risorse per la riforma ci sarebbero, ma mancherebbe la volontà politica.
In effetti, leggendo le ultime notizie dal governo Renzi e dall'Europa, sembra essere sempre più chiaro che la sbandierata impossibilità finanziaria di una riforma delle pensioni sia collegata più ad un piano ideologico che non immediatamente reale: questa la posizione dei sindacati di base, secondo i quali l'Europa pretende dall'Italia una svolta complessiva nella concezione del welfare state, con tagli alla spesa pubblica di sanità e pensioni, in vista di un modello economico di stampo neoliberista.
La UIL e le ultime news sulla riforma pensioni 2015 del governo Renzi
Domenico Proietti, il segretario confederale della UIL, ritiene che le risorse finanziarie per portare avanti una riforma delle pensioni per il 2015 che sia realmente strutturale e che abbia alla base il principio della flessibilità in uscita siano 'facili' da trovare: in primo luogo l'evasione fiscale, si tratta di circa 120-160 miliardi di euro all'anno che potrebbero finanziare nuovamente e per intero il welfare italiano (la domanda che viene posta è perché in Italia non la si contrasta mai realmente e fino in fondo); in secondo luogo la corruzione, si tratta di circa 60 miliardi di euro secondo i calcoli della Corte dei Conti; infine, gli sprechi della politica soprattutto per quanto riguarda le aziende partecipate (strano e ambiguo connubio di privato e pubblico), si tratta di svariati miliardi di euro di risparmio, anche se se ne abolissero soltanto un migliaio sulle 8.500 al momento esistenti.
Ma le domande da porre al premier Renzi sulla riforma pensioni 2015 sono ancora molte e su tutte, secondo i sindacati, la più importante è la seguente: se si intende risparmiare 50 miliardi di euro dalle tasse nel prossimo quinquennio (dunque, lo Stato avrà a disposizione 50 miliardi di euro in meno da investire nei servizi, nelle pensioni, nella sanità, nella scuola, etc.), perché la proposta di riforma pensioni di Cesare Damiano (la Quota 100) è considerata troppo costosa, se prevede un impiego di risorse di 'solo' 10 miliardi di euro?
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