Cos’è il danno esistenziale, derivante dalla lesione di diritti inviolabili della persona? La giurisprudenza maggioritaria intende tale danno come un pregiudizio che la lesione arrecata ad un interesse esistenziale del soggetto provoca nella sua vita di relazione. Si tratta dunque di un danno-conseguenza in quando ciò che rileva ai fini del risarcimento sono proprio le conseguenze pregiudizievoli di carattere non economico che tale lesione ad un interesse relazionale abbia prodotto. Tale danno esistenziale si estrinseca infatti in rinunce ad attività che siano fonti di benessere per il danneggiato, incidendo sulla sua capacità di inserirsi nei contesti sociali.
Non è semplice fornire la prova di tale danno. Il danneggiato deve infatti indicare in modo preciso le circostanze comprovanti l'alterazione delle sue abitudini di vita a seguito della lesione di diritti come quello della personalità, fondamentali per lo stesso. La casistica della Corte di Cassazione mostra quindi che non ogni menomazione della sfera esistenziale del danneggiato va ricompensata. Infatti se non si riscontra un'effettiva e provata lesione di diritti costituzionalmente garantiti non viene accordata tutela risarcitoria.
Non automaticità del risarcimento del danno esistenziale
La Corte di Cassazione con una recente sentenza è giunta a statuire che il danno esistenziale non può essere risarcito automaticamente insieme al risarcimento dei danni per mobbing (demansionamento).
La vicenda giudiziaria da cui trae origine tale decisone ha riguardato un lavoratore che solo in primo grado era riuscito ad ottenere la duplice condanna per danno da mobbing ed esistenziale da parte della propria azienda. I giudici di secondo grado hanno infatti ritenuto non provata l' effettiva mutazione in peggio delle sue abitudini di vita a seguito dell'emarginazione messa in atto dal suo datore di lavoro.
I giudici di legittimità hanno confermato tale giudizio ritenendo che il pregiudizio esistenziale rientra nella categoria dei danni-conseguenza che devono essere provati in concreto. (Corte di Cassazione sentenza n. 23837 del 23.11.2015).
Necessaria la prova del danno esistenziale
Gli ermellini hanno ritenuto infatti che il danno esistenziale deve distinguersi dal danno da mobbing che implica una lesione in sé della salute per via della dequalificazione, dell’isolamento, della forzata inoperosità che ha subito il lavoratore demansionato.
Il dipendente per ottenere il risarcimento del danno esistenziale è tenuto a provare insieme all’offesa dovuta al demansionamento anche l'effettivo cambiamento nelle sue abitudini di vita. A detta dei giudici di legittimità è da escludersi il ricorso ‘a formule standardizzate’ essendo invece necessarie delle specifiche indicazioni che solo il soggetto leso può fornire. Il danno esistenziale essendo legato alla sfera soggettiva del lavoratore non può essere determinato facendo ricorso alle tabelle usate per il calcolo del risarcimento del danno non patrimoniale. Sulla base di tali motivazioni gli ermellini non hanno ammesso il risarcimento del danno esistenziale posto che pur esistendo l'inadempimento dal datore di lavoro, nel caso specifico non è emerso un pregiudizio effettivo nella sfera personale del lavoratore.