Molte istituzioni scolastiche di tutto il territorio nazionale stanno deliberando, o lo hanno già fatto, la tanto chiacchierata ‘settimana corta’. Ma vediamo nel dettaglio i pro e i contro, le sue origini, i benefici e gli apportialla didattica digitale e alla pedagogia.

Le origini americane della 'settimana corta'

Non si tratta di una novità assoluta, dato che in molti istituti scolastici italiani questa modalità organizzativa già si svolge almeno da un quinquennio. Le origini della settimana breve, secondo gli esperti della questione, si fanno risalire oltreoceano e, per l’esattezza, in Colorado.

Nelle lontane terre americane, una Scuola elementare fu la prima a sperimentare questa nuova modalità di lavoro. La motivazione principale era legata al risparmio economico che ne sarebbe derivato. I risultati, sin da subito, furono apprezzati dalle famiglie, dagli alunni e dagli stessi professori.

I vantaggi - Il primo vantaggio è di tipo economico, infatti, per l’amministrazione scolastica, il tempo lavorativo spalmato in cinque giorni settimanali permette di risparmiare sulle spese di gestione dell’immobile che ospita l’istituto scolastico (acqua, luce, gas), oltre che sui servizi di trasporto destinati agli alunni pendolari. A tal proposito, sono tante le amministrazioni comunali che premono affinché questa soluzione organizzativa venga attuata.

Dal punto di vista dell’efficienza del personale scolastico le cose migliorano a vista d’occhio, almeno per i DS che le governano. Tutto questo si traduce per gli stessi, in opportunità per le eventuali supplenze del personale assente, visto che il sabato è il giorno libero di tutti i docenti in servizio.

Modalità organizzative e orari didattici. Pro e contro

L'orario didattico settimanale - Le 36 ore settimanali del tempo normale o le 42 ore settimanali del tempo prolungato, verrebbero spalmate in cinque giorni settimanali anziché sei, secondo le seguenti modalità orarie: 8,00 – 14,00 per il tempo scuola normale e 8,00 – 17,00 nel caso di tempo prolungato, da svolgersi in due giorni settimanali comprensivi di mensa scolastica.

Gli svantaggidella settimana corta - Ma non è tutto oro quello che luccica – Ci sono anche notevoli svantaggi e quelli, purtroppo, non mancano. Questa modalità oraria comporta notevoli criticità, in quanto, altrettanti studenti lamentano spesso la mancanza di tempo da dedicare al loro studio. Per altre famiglie, la nuova modalità oraria costringe loro a ritmi frenetici e incontrollati. Continue trasferte per accompagnare o riconsegnare i propri figli, anche negli orari più disparati. Infine, il parere degli insegnanti è del tutto negativo, contrastando abbondantemente – come era facile prevedere – con le esigenze e le volontà dei loro Dirigenti scolastici. Secondo gli stessi questa situazione li costringe a dover assolvere a quegli impegni che hanno tralasciato durante la settimana, provocando in loro notevoli disagi.

Il risultato? «La domenica sera si arriva a letto con le ossa rotte e subito l’indomani bisogna essere in piedi per ricominciare un’altra settimana lunghissima».

Una nuova opportunità per la didattica collaborativa e digitale

Rimane il fatto, però, che la settimana corta - secondo alcuni pedagogisti - avrebbe anche la capacità di trasformare positivamente il tipo di approccio dell’insegnante nei confronti della classe e dei suoi studenti. Il baricentro della didattica si sposterebbe verso i discenti e non seguirebbe più lo schema classico della lezione frontale. Si rivolgerebbe l’attenzione all'apprendimento e non alla somministrazione della consueta lezione, secondo il classicoschema: lezioneinterrogazionevalutazione.

Quelle ore trascorse in maniera meccanica e fredda si trasformerebbero in qualcosa di assolutamente diverso. Inoltre, l’attività di formazione assumerebbe le connotazioni multidisciplinari in luogo della semplice e pedante materia di insegnamento, oramai desueta e superata.