Il 18 febbraio, alla Camera dei Deputati è andato in scena il 3° rapporto sul Bilancio del Sistema Previdenziale Italiano. Il Centro Studi di Itinerari Previdenziali, un pool di tecnici, docenti ed esperti del settore pensionistico, ha presentato i risultati delle sue ricerche che sono a dir poco allarmanti. L’analisi dimostra come il nostro sistema previdenziale sia in passivo, cioè tra Pensioni pagate e contributi incassati, l’Inps paga dazio per 27 miliardi. Ecco i motivi così come sono stati presentati da questi esperti.

Come si calcola l’aspettativa di vita

Alzi la mano chi non ha sentito parlare di questa benedetta aspettativa di vita. L’Istat, ogni anno stabilisce quale sia la durata di vita prevista, dei cittadini italiani e negli ultimi anni, vuoi per le condizioni di vita che migliorano (sembra), o per i progressi scientifici e della medicina, questo dato è in salita. Questo impennarsi dell’età di vita media, se da un lato deve essere accolto come una notizia positiva (non potrebbe essere altrimenti), ha impatto negativo sia per chi aspetta di andare in pensione, che per l’INPS che è costretta a pagare più anni di pensione. Secondo lo studio di cui parlavamo prima, oggi è appurato che dalla nascita, un cittadino maschio ha una aspettativa di vita di 80 anni e 3 mesi.

Per le donne invece, si sale, l’età media è di 85 anni e 2 mesi. Se il dato poi viene tarato su chi ha già compiuto 60 anni, gli uomini hanno 23 anni di speranza di vita e le donne 27. Continuando così, si prevedono altri 6 anni di vita in più per ciascun cittadino italiano. Tutto questo, si trasforma per i futuri pensionati in mesi in più di attesa per la pensione, come dimostra il recente scatto a 66 anni e 7 mesi per la pensione di vecchiaia (era a 66 e 4 mesi fino al 2015) a partire dal 1° gennaio 2016 o quello a 42 e 10 mesi per quella di anzianità contributiva.

Per l’INPS invece, sembra una cattiveria dirlo, ma più un cittadino resta in vita, più mesi di pensione deve pagare e se ci aggiungiamo anche le reversibilità ai vedovi, l’esborso va anche oltre la vita del pensionato.

Pensioni d’oro, non solo alla politica

Il nostro Istituto Previdenziale, paga le pensioni con i contributi che versano i lavoratori di oggi.

In parole povere, i contributi versati oggi dai datori di lavoro per i dipendenti o dai lavoratori autonomi, non stanno lì ad aspettare il soggetto interessato fino a quando andrà in pensione, ma vengono utilizzati per i pensionati di oggi. Il problema è che tra incassi (i contributi) e le uscite (le pensioni), l’INPS ha un saldo negativo di 27 miliardi. Naturalmente, nel passivo ci sono l’allungamento della vita, il fatto che la disoccupazione sia tanta (pochi lavorano), ma anche le pensioni d’oro che vengono concesse ad alcune tipologie di lavoratori. Un articolo del quotidiano “Il Sole 24 Ore” è eloquente è elenca alcuni casi di pensioni d’oro. Il primatista tra i pensionati italiani è il notaio, con quasi 77mila euro all’anno.

Intorno ai 50mila euro all’anno si assestano i dirigenti di azienda ed i giornalisti, mentre 36mila euro di media è una pensione dei commercialisti e 27mila quella che tocca agli avvocati. È evidente che il discorso è fatto sui lavoratori “normali”, cioè quelli che nulla hanno a che fare con la politica. Infatti, le cifre di cui parlavamo prima sembrano inezie rispetto ai 200mila euro all’anno che percepisce un ex Giudice della Corte Costituzionale oppure i quasi 100mila euro che vengono elargiti ai Senatori. Anche il personale che lavora intorno alla politica ha pensioni super, basti pensare che il personale impegnato in varie attività lavorative in parlamento ha in media pensioni oltre i 50mila euro.