Ieri è stata una giornata particolare per quanto riguarda il tema previdenziale. Le parole del Premier Matteo Renzi, la novità dell’anticipo pensionistico (APE) e quella del pensione anticipata in prestito grazie a banche e ad intermediari assicurativi, ha fatto il giro del web, delle TV e dei giornali. Il solo fatto che se ne parli così tanto e che dalle stanze della nostra politica, le notizie si susseguono senza soluzione di continuità, fa pensare che la riforma stavolta verrà fatta e se la metà di quello che si dice sarà fatto, il sistema pensionistico sarà rivoltato come un calzino.
Per i lavoratori del Pubblico Impiego però, non è ancora certo che le eventuali novità previdenziali, a partire dall’APE, siano applicabili anche a loro.
Le pensioni tra i dipendenti pubblici oggi
Più di un milione e mezzo di iscritti, questa la componente numerica di coloro che versano contributi alla CTPS, la Cassa dei Dipendenti Pensionistici dello Stato. Si tratta di una cassa previdenziale simile ad INPS ed Inpdad, nella quale versano i lavoratori dei comparti di pubblica sicurezza, quelli dello Stato e di scuola ed Università. La maturazione del requisito pensionistico per questi lavoratori da sempre è diverso da quelli delle altre casse previdenziali. In linea generale, oggi, un lavoratore pubblico, come per esempio uno del comparto sicurezza, quindi carabiniere, poliziotto e così via, può andare in quiescenza con 35 anni di versamenti e 57 anni e 3 mesi di età.
Con 40 anni e 3 mesi di contributi, il requisito anagrafico non viene più considerato. Inoltre, esiste ancora una deroga al 2011, cioè qualora un lavoratore avesse maturato al 31 dicembre di quell’anno, l’anzianità massima consentita, si potrebbe uscire già a 53 anni e 3 mesi. Resta ancora in vigore il trattamento figurativo particolare, cioè ogni 5 anni di lavoro svolto, nelle forze dell’ordien o armate, si matura un anno di contributi figurativi che poi sono perfettamente validi per il raggiungimento dei requisiti pensionistici.
Siamo sicuri che la riforma sia conveniente nella PA
Il Premier ha dichiarato che si sta lavorando sul lancio di un nuovo strumento previdenziale, l’APE che consentirebbe a soggetti nati tra il 1951 ed il 1953 di andare in pensione accettando una penalizzazione di assegno tra il 4 ed il 12%. Inoltre si lavora per concedere una pensione in anticipo anche di 3 anni, grazie ad un prestito bancario.
Saranno poi i pensionati stessi a restituire la pensione percepita in anticipo con piccole trattenute quando andranno in pensione per davvero. Non si sa ancora se queste novità potrebbero mai essere applicate ai lavoratori statali, anche se a vederla bene, non è chiaro tutto l’apparato di riforme che si dichiara di voler avviare. Probabilmente poi, le regole con cui si può andare in pensione oggi nella Pubblica Amministrazione, sarebbero peggiorate dall’applicazione di queste novità. La pensione degli statali, soprattutto nelle forze di sicurezza, hanno regole diverse, come quella della pensione ausiliaria, cioè di quel surplus di assegno percepito nei primi 5 anni di quiescenza, sottoscrivendo il patto di richiamo al servizio, in casi di urgenza.
Inoltre, il lavoro nelle forze armate e dell’ordine, può tranquillamente essere considerato alla stregua dei lavori usuranti, perciò, farli entrare nel circuito generico dei lavoratori a cui applicare queste novità rivoluzionarie, non sembrerebbe equo.