La pausa estiva ha chiuso per il momento la serie di incontri tra Governo e sindacati sul tema della previdenza sociale. A dire il vero, alla ripresa, gli incontri dovrebbero essere pochi, se è vero che ormai i provvedimenti sono belli e pronti ed aspettano solo le smussature di alcune problematiche e il collegamento alle coperture finanziarie da reperire. Per il resto sembra tutto fatto, anche se lo scetticismo è ancora dilagante, non solo tra i cittadini, ma anche tra i soggetti attori protagonisti di questa storia, i sindacati e gli esponenti politici.
I provvedimenti in cantiere
L’APE ormai è cosa fatta, con la pensione che sarà concessa in anticipo per chi ne fa richiesta. L’anticipo sarà a partire dai 63 anni e 7 mesi di età, con soli 20 anni di contributi versati. L’assegno verrà pagato dall’INPS e finanziato dalle banche a cui poi i soldi verranno restituiti dai pensionati. Verranno salvati solo i pensionati a cui spetterà un assegno minimo, una pensione bassa o che hanno particolari problematiche di famiglia. Grazie al meccanismo delle detrazioni fiscali, al posto di questi pensionati, il prestito pensionistico potrebbe essere restituito alle banche dallo Stato. Estendere la quattordicesima anche a Pensioni più alte di quelle a cui viene erogata adesso, sopra quindi i 750 euro.
Anche questo è una idea in via di sviluppo sebbene difficile da realizzare per i costi. Si pensa di calmierarla a 500 euro o in alternativa ad aumentare di 80 euro l’importo a chi già ne fruisce. Per chi deve riscattare la laurea, per i professionisti che hanno versamenti nella gestione separata e per tutti quelli con carriere lavorative in settori diversi, le ricongiunzioni diventeranno gratuite ed utilizzabili sia per l’anticipata che per la pensione di vecchiaia.
L’assegno verrebbe erogato pro quota, da ogni cassa in base ai contributi ad essa versati. Per gli usuranti si medita di allargarne la platea, cioè di far rientrare altre categorie tra quelle reputate come pesanti che di fatto consentono uno sconto in termine di uscita dal lavoro. In alternativa si cerca di eliminare il vincolo dei 7 degli ultimi 10 anni in cui si doveva aver svolto una mansione tra quelle reputate usuranti dall’INPS.
Ai precoci invece si pensa di concedere un bonus di 4 o 6 mesi di contributi per ogni anno di lavoro svolto quando si era minorenni. La quota 41 sembra allontanarsi perché troppo onerosa per le casse statali per via della vasta platea di lavoratori che hanno almeno un mese di contributi versati tra i 14 ed i 18 anni di età. Il risparmio che si avrebbe considerando precoci solo coloro che hanno almeno un anno di lavoro tra i 14 ed i 18 sembra irrisorio.
Le reazioni ai provvedimenti
La Camusso tra i tre segretari sindacali presenti sempre agli incontri (CGIL, CISL e UIL), ha tracciato la linea di confine dei provvedimenti, perché le soluzioni ormai devono essere prese e vanno tutelati i giovani che pensano che la pensione non gli toccherà più.
A nome della CGIL, il segretario rimarca la necessità di evitare di rendere ancora più poveri i pensionati che con l’APE diventeranno anche indebitati e quella di eliminare l’aspettativa di vita dal sistema che anno dopo anno rende più lontana la pensione. Damiano che ha sempre la sua proposta da sponsorizzare chiede sicurezza per l’ottava salvaguardia, considerando assurde le voci che vogliono gli ultimi esodati da far rientrare nell’APE anziché nell’ultimo e definitivo intervento di salvaguardia. Questo anche alla luce che la salvaguardia sarebbe dovuta essere finanziata dal Fondo apposito, senza ulteriori stanziamenti da parte del Governo. L’ex ministro Sacconi infine ha parlato di una riforma che punta contro il ceto medio, con l’APE che sarà utilizzata solo da chi verrà tutelato dalle detrazioni. Sacconi spinge per trovare un meccanismo con cui i datori di lavoro versino contributi ai lavoratori anche nei periodi di non lavoro in cambio di uno sconto fiscale per loro.