Il tema delle Pensioni è arrivato al punto decisivo, quello delle coperture finanziarie. Se dal punto di vista tecnico i provvedimenti sono belli e pronti, la loro fattibilità deve essere confermata anche dal punto di vista economico. Voli pindarici e progetti in larga scala, allo stato attuale delle cose, sono molto difficili da realizzare e questo significa che una vera e propria riforma previdenziale, con interventi importanti come la quota 41 per i precoci o l’aiuto economico alle pensioni minime con quattordicesime e no tax area, sono difficili, per non dire impossibili.
Che le risorse disponibili fossero poche, già lo si sapeva, ma adesso a peggiorare tutto ci sono anche i risultati economici di PIL e debito pubblico relativi al secondo trimestre 2016, risultati per niente incoraggianti sotto il profilo della ripresa economica e della crescita. Ci sono interventi previdenziali però che ormai sembrano fatti e che non vengono messi a rischio da questi problemi di coperture.
Provvedimenti a costo zero
Ci sono provvedimenti che devono solo essere estesi, cioè ne va solo allungata l’applicabilità perché provengono dalle scorse manovre finanziarie che hanno già messo a disposizione ingenti risorse. Per esempio, opzione donna, l’uscita anticipata per le lavoratrici a 57 anni e 3 mesi di età con 35 anni di contributi versati.
Essendo la categoria delle lavoratrici una delle più vessate dalla riforma Fornero, ma anche dalle regole imposte dalla Comunità Europea che vuole l’equiparazione di genere di fronte alla pensione (donne e uomini devono avere le stesse soglie di uscita dal lavoro), la normativa italiana ha previsto una sorta di scorciatoia, la famosa opzione donna.
Il provvedimento, sperimentato per le donne che raggiungevano i requisiti entro la fine del 2015, attende solo gli esiti del contatore, il monitoraggio delle reali spese sostenute nel 2016.
La scorsa Legge di Stabilità destinò al provvedimento 2,5 miliardi ed i risultati che sono stati anticipati anche dal Ministro Poletti, fanno pensare che ne siano rimasti molti per poter finanziare una estensione della misura anche per altre lavoratrici.
Stesso discorso per l’ottava salvaguardia esodati che dovrebbe essere finanziata direttamente dal fondo per le salvaguardie, utilizzando le risorse risparmiate per le precedenti sette. Evidente che questi siano provvedimenti che non vanno coperti del tutto, cioè nella peggiore delle ipotesi vanno leggermente implementati dal punto di vista delle coperture economiche, quindi perfettamente realizzabili.
L’APE pronta, solo da ritoccare
La vera novità previdenziale sarà l’APE, l’Anticipo Pensionistico, cioè la risposta del Governo alla necessità di flessibilità del sistema previdenziale. Il provvedimento nasce dal low cost, cioè dal costo sostenibile per le casse statali. Ecco perché il grosso dell’onere delle uscite anticipate sarà caricato interamente sui pensionati che sceglieranno l’uscita anticipata.
La pensione erogata dall’INPS, ma finanziata dalle banche, alle quali i soldi verranno poi restituiti dai pensionati stessi, rendono il provvedimento abbastanza economico per le casse pubbliche.
Si tratta solo di coprire i tagli relativi alle rate da restituire, per i pensionati in difficoltà, cioè quelli ai quali la rata ridurrebbe la pensione vicina alla soglia della povertà. Il Governo conta di spendere tra i 500 ed i 600 milioni di euro per questo capitolo di spesa, il che eroderebbe gran parte di quel miliardo e mezzo di euro che probabilmente si riuscirà ad inserire in Stabilità per il tema pensionistico. L’appuntamento del 12 settembre, in cui l’Esecutivo dovrebbe presentare il pacchetto previdenziale ai sindacati, sarà decisivo per capire davvero cosa succederà alla nostra Previdenza Sociale.