L’incontro decisivo sul capitolo previdenziale subisce un nuovo stop e quindi viene ulteriormente posticipato. Prima delle ferie estive, la data in cui il Governo avrebbe dovuto presentare l’insieme delle misure previdenziali da inserire nella Legge di Bilancio di ottobre era il 21 settembre. In seguito si era deciso di posticiparla al 27 settembre, cioè oggi, ma ancora una volta tutto è stato spostato. Il giorno giusto quindi dovrebbe essere domani, 28 settembre, quando finalmente Governo e sindacati si siederanno all’ennesimo tavolo di discussione.

I perché del rinvio

Il problema principale del pacchetto previdenziale non sono le linee di intervento e le problematiche tecniche delle misure in via di creazione, ma le cifre delle coperture finanziarie. Difficilmente si riuscirà a correggere APE, interventi sulle minime o sui precoci nel prossimo incontro perché i provvedimenti grosso modo saranno quelli che da giorni il Governo ha preparato.

Speranze che i sindacati riescano a far cambiare rotta al Governo, magari ritornando su quota 41 senza limiti anagrafici e senza penalizzazioni, sono ridotte davvero al lumicino, quasi inesistenti. Con buona pace dei lavoratori e dei loro rappresentanti, le uniche cose che possono essere sistemate riguardano i soldi che il Governo stanzierà, dai quali sarà possibile stabilire a chi ed a quanti sarà concessa l’uscita anticipata, sia verso la pensione di vecchiaia (l’APE) che verso quella che una volta era la pensione di anzianità (la questione precoci per esempio).

Il Consiglio dei Ministri di ieri doveva approvare la nota di aggiornamento del DEF, il documento di economia e finanza che mostra le stime di crescita, le possibilità di spesa e lo stato di salute economico dello Stato. L’approvazione del DEF ha subito uno slittamento ad oggi perché la giornata di ieri è stata dedicata alla data del referendum costituzionale che è stata fissata al 4 dicembre. Il tavolo sulle pensioni, che doveva essere completato dopo il DEF, di conseguenza è stato posticipato a domani.

Sui numeri non si trova una sintesi

Sono le cifre da stanziare uno dei problemi che stanno allungando nel tempo la chiusura della trattativa pensioni. Per i sindacati, ma anche per l’INPS e per il suo presidente Boeri, servirebbero oltre 3 miliardi per rendere accettabile questa specie di mini riforma delle pensioni.

Il Governo invece è fermo alle cifre iniziali che a stento arrivano a 2 miliardi. Per l’APE social, il Governo vorrebbe mettere nel piatto 700 milioni e più o meno la stessa cifra andrebbe alla questione quattordicesime. Se poi, altri 300 milioni sarebbero da dividere tra l’azzeramento delle ricongiunzioni onerose e l’estensione della no tax area, per le prerogative degli altri lavoratori resterebbero le briciole. I precoci per esempio sarebbero fuori da interventi seri per le loro necessità. Su questa categoria poi, i numeri dei potenziali beneficiari sono diversi a seconda che li indichi l’INPS o il Governo. Precoce è colui che ha iniziato a lavorare presto, prima dei 18 anni di età, almeno per quello che dice l’INPS.

Secondo l’Istituto sono 3,5 milioni quelli che hanno almeno un anno di contributi versati prima della maggiore età. Per il Governo invece sarebbero solo 80mila, perché nella spasmodica ricerca del risparmio, l’Esecutivo cerca di spostare indietro l’età per considerare precoce un lavoratore. L’idea del Governo è quella di concedere 3 mesi di abbuono per ogni anno di versamenti prima dei 16 anni di età. Cambiando la platea dei beneficiari, cambiano anche le cifre da stanziare, ecco perché i soldi necessari per l’idea del Governo sono meno di quelli che chiedono le parti sociali. Queste poi, sono anche in disaccordo tra loro, con Cisl e Uil che hanno un atteggiamento di apertura verso il Governo, reputando anche l’APE come una soluzione fattibile, mentre la CGIL considera la misura come uno strumento finanziario e basta.