Alla fine la beffa dell’ultimo minuto è arrivata: non stiamo parlando certo del fatto che il cosiddetto Ape agevolato o social, lo strumento per andare in pensione anticipata rispetto all’ordinario requisito di vecchiaia di 66 anni e 7 mesi sia stato negato a tutti gli insegnanti di scuole primarie e secondarie a dispetto della “concessione” fatta invece ai docenti della scuola dell’infanzia, ma del fatto che ad essere beffati invece saranno proprio essi stessi. Sì, perché se da una parte tutti gli altri insegnanti sono stati “fatti fuori” dal provvedimento fin da subito, l’agevolazione elargita ai docenti dell’infanzia si è rivelata un’ennesima beffa.

Stando alle parole dei rappresentanti governativi che si sono succedute nelle ultime settimane infatti, il quadro che ne veniva fuori era che i docenti della scuola dell’infanzia, svolgendo un mestiere considerato “usurante” (fattispecie in cui non si capisce perché non rientrino anche gli altri insegnanti) avrebbero potuto andare in pensione in anticipo senza alcuna penalizzazione. Malgrado tale premessa, oggi che il quadro diventa più chiaro nei suoi dettagli viene fuori l’ennesima presa in giro che di fatto svuota tale provvedimento di parte della sua efficacia.

L’agevolazione inesistente

Nessuno infatti finora aveva mai menzionato il fatto che per usufruire dell’Ape agevolato senza penalizzazione alcuna è necessario tra l’altro che il reddito massimo non superi le 1500 euro lorde mensili, fattispecie in cui rientrano pochissimi docenti, praticamente solo quelli part-time i quali però ancora non si sa se potranno beneficiare o meno del provvedimento.

Così, se l’Ape agevolato sarebbe dovuto essere a costo zero adesso si scopre che alle maestre dell’infanzia toccherà pagare: per coloro che rientrano nei parametri di accesso ma con un reddito superiore a tale soglia, la parte eccedente risulterà a carico del beneficiario. Secondo quanto dichiarato dallo stesso Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro, “per un’Ape agevolato da 2000 euro lordi mensili si applicherà circa l’1% di penalizzazione per ogni anno di anticipo”, a dispetto del 4,6-4,7% che invece verrà applicato con l’Ape ordinaria.

Tradotto in numeri, la penalizzazione subita sarà circa di 60 euro sull’importo della pensione per chi usufruirà dell’anticipo massimo, per un totale di 750 all’anno che moltiplicato 20 anni fa 15mila euro, una discreta sommetta.

Dai 60 ai 300 euro, ecco quanto costerà l’Ape

Decisamente peggiore la situazione di chi invece non rientra nella categoria del lavoro usurante: relativamente alla scuola, tutti gli altri insegnanti che decideranno di beneficiare dell’Ape andranno incontro ad una decurtazione media di 100 euro mensili per ogni anno di anticipo, 300 per chi sfrutta tutti i 3 anni e 7 mesi (per un totale di 60-80mila euro in 20 anni).

In ogni caso i requisiti per acceder all’Ape richiedono un’età minima di 63 anni (a patto che non manchino più di 3 anni e 7 mesi al pensionamento) e un minimo di 20 anni di contribuzione (30 e 36 per l’Ape social in caso di disoccupati o persone ancora attive). Malgrado ciò la beffa rimane e gli insegnanti della scuola dell’infanzia dovranno mettere mano al portafogli: ma non era meglio dire fin da subito, che seppur in piccola parte, alla fine le penalizzazioni ci sarebbero state comunque?