Il pacchetto Pensioni è forse quello che maggiormente interessa gli italiani tra i tanti punti inseriti in Legge di Bilancio. Molti sono i delusi delle misure che il Governo ha deciso di far entrare nel palinsesto normativo nostrano e molti si aspettavano cambiamenti rispetto al testo iniziale che ha fatto capolino nella manovra finanziaria. Alla Camera a dire il vero è successo ben poco, tanto è vero che da Montecitorio è uscito il Pacchetto pensioni quasi identico a quello originariamente partorito dal Governo. Sono state estese le platee di opzione donna e ottava salvaguardia esodati, mentre per precoci ed APE, tutto è uguale a prima.

Adesso che la Legge di Bilancio si appresta ad essere votata dal Senato, subito dopo il referendum, ecco che ci si aspetta ancora qualcosa, qualche modifica ad un pacchetto previdenziale che piace poco. Ilò Governo sembra disposto ancora ad ascoltare ed a correggere alcuni punti, anche se le coperture finanziarie sembrano sempre ostacolo arduo da superare. Da registrare la presa di posizione del Ministro Poletti per quanto riguarda alcune agevolazioni pensionistiche per i disabili.

Il 60% di invalidità può bastare?

Tra i punti più importanti della manovra finanziaria c’è l’APE, l’Anticipo Pensionistico con la pensione erogata in prestito dalle banche. Per i soggetti che hanno bisogno di aiuto e di tutela e per i quali il Governo ha deciso di non far pagare l’onere della restituzione del prestito dopo l’anticipo, ci sono gli invalidi o con invalidi a carico.

Questi, alla stregua dei disoccupati che da almeno 3 mesi hanno terminato di percepire Naspi e mobilità, sarà lo Stato a farsi carico di restituire il prestito pensionistico, con interessi e spese, alle banche. Per gli invalidi è necessario avere almeno 30 anni di contributi versati, senza tener conto di quelli figurativi come malattia e disoccupazione.

Su quest’ultimo paletto sembra che il Presidente della Commissione Lavoro della Camera Damiano, abbia proposto di rendere utili al calcolo anche questi versamenti, ma allo stato attuale delle cose, questa è solo una ipotesi. Oltre al requisito contributivo è necessario avere una invalidità civile di almeno il 74% e proprio su questi che si discute da tempo.

Alla Camera numerosi sono stati gli emendamenti che miravano ad abbassare la percentuale di invalidità civile al 60%, ma tutte proposte bocciate. Sembra fare proseliti, la ormai annosa battaglia per consentire a soggetti con una invalidità accertata inferiore al 74%, di avere agevolazioni di natura previdenziale portata avanti dal Consigliere del Comune di Biella, Antonio Mortoro.

Poletti apre la porta

Con ogni probabilità anche al Senato si tornerà a parlare di ridurre la percentuale di invalidità in riferimento all’accesso all’APE social, ma anche per quota 41, fruibile anche in questo caso da invalidi sopra il 74%, con 41 anni di contributi dei quali, almeno uno prima dei 19 anni. Il Ministro del Lavoro, intervenuto ad un convegno dell’ANMIL, l’associazione nazionale invalidi e mutilati è tornato proprio sull’argomento APE social per invalidi.

Poletti ha sottolineato come il Governo sia propenso a correggere questa parte di pacchetto pensioni proprio abbassando al 60% la soglia di invalidità minima per rientrare nella misura anticipata di pensione. Sempre secondo il Ministro, bisognerà valutare bene che effetto potrebbe avere questo evidente miglioramento della norma, sui conti dello Stato, soprattutto alla luce del fatto che l’APE social è una misura sperimentale, cioè scadrà nel 2018. Questo potrebbe causare, nel caso in cui non fosse confermata e resa strutturale, una evidente disparità di trattamento tra soggetti con lo stesso grado di invalidità. Problema questo che per esempio non si avrebbe per quota 41 che rispetto all’APE social è un provvedimento strutturale, cioè durerà anche per gli anni successivi al 2018.