Pochi giorni ancora per chiedere al Governo la restituzione di quanto perso dalle Pensioni vittime del blocco degli adeguamenti voluto dal Governo Monti. Entro il 31 dicembre bisogna presentare istanza per evitare che inizino a cadere in prescrizione i mesi in cui il pensionato non ha ricevuto i classici aumenti dovuti alla perequazione. La storia è arcinota e parte da una sentenza della Corte Costituzionale che bocciò quel blocco e lo tacciò di incostituzionalità. La richiesta però non basta per vedersi risarcire, ma è solo la prima di una serie di azioni che il pensionato deve fare per vedere tutelato un proprio diritto.
La storia in sintesi
La crisi di Governo che portò alla nascita dell’Esecutivo Monti si andò ad affiancare alla grave crisi economica del periodo. Nessuno può dimenticare lo spread salito vertiginosamente che portava l’Italia a rischio default. Il Governo Monti, con il decreto legge 201/2011, poi convertito nella legge 214/2011, proprio per far fronte alla grave crisi, chiese sacrifici pesanti agli italiani, pensionati in testa. Con il Decreto “Salva Italia” e la la Legge Fornero (sì, proprio quella che ha inasprito pesantemente i requisiti di accesso alla pensione), furono bloccate per due anni le rivalutazioni delle pensioni a partire da quelle di circa 1.000 euro nette. Il blocco è stato oggetto di una serie di ricorsi che sono finiti alla Corte Costituzionale che ha stabilito l’incostituzionalità del provvedimento.
La sentenza 70/2015 ha intimato al Governo di provvedere a sbloccare le pensioni ed a rimborsare i pensionati vittime del blocco per il biennio 2012-2013. Il Governo Renzi, sul quale è rimbalzata la responsabilità politica di provvedere a risolvere quanto pronunciato dai Giudici Costituzionalisti, ha risolto la questione con il “bonus Poletti” .
In pratica, recependo le direttive della Consulta, il Governo sbloccò gli assegni con un meccanismo a scalare in base agli importi delle pensioni ed elargì rimborsi in unica soluzione con lo stesso meccanismo. Rimborsi che non hanno risarcito tutto il maltolto e che hanno escluso del tutto le pensioni di importi più alte, quelle 6 volte superiori al minimo, tanto per intenderci.
Come fare per recuperare quanto perduto
Per qualcuno, la data di scadenza dell’istanza anti prescrizione è scaduta ieri 27 dicembre, cioè 5 anni esatti dall’entrata in vigore della Legge Fornero. Dal punto di vista legale però, pare che ci sia tempo fino al 31 dicembre per chiedere e diffidare l’INPS a risarcire quanto perduto ed a rispondere in pieno ai diktat della Consulta. La diffida serve solo per impedire che il Governo eviti di risarcire i pensionati adducendo alla prescrizione che ricordiamolo è quinquennale. In parole povere, i pensionati iniziarono a perdere soldi dal 1° gennaio 2012 e quindi se non si presenta istanza all’INPS entro il 31 dicembre, il mese di gennaio 2012 non potrà più essere inserito tra quelli da farsi rimborsare.
Perdurando nel silenzio del pensionato (senza istanza), si continua a perdere mese per mese quanto possibile richiedere. I Giudici sancirono anche i metodi di rivalutazione che il Governo avrebbe dovuto seguire anche per i successivi anni.
Dal 2014 ad oggi, le rivalutazioni sono state fatte in maniera meno vantaggiosa per i pensionati rispetto a quanto avveniva prima del Governo Monti. Fatto sta che adesso tutti i pensionati possono chiedere all’INPS anche l’eventuale maggior rivalutazione spettante rispetto a quella concessa anche per gli anni successivi, magari presentando domanda di ricostituzione delle pensioni. Per gli anni posti nel blocco Fornero, il Governo ha stabilito l’erogazione degli arretrati sempre dietro presentazione di domanda da parte degli interessati.
In definitiva, l’istanza anti prescrizione darà tempo all’INPS di rispondere al pensionato o dopo i canonici 120 giorni del silenzio assenso o rigetto che dir si voglia, bisognerà adire le vie legali per avere i soldi indietro e per vedersi ricostituire la pensione.