La Legge di Bilancio ha terminato il suo iter ed ormai è in vigore. Molte delle misure previste nella manovra finanziaria però, per essere definitive, attendono i decreti attuativi da parte del Governo. In linea di massima, questi atti contengono le disposizioni attuative ed i chiarimenti di ogni misura, ma non è raro che tramite questi decreti, si corregga qualche punto lasciato in sospeso o poco chiaro. In tema Pensioni, l’attesa è tanta, perché alcuni aspetti delle novità previdenziali vanno definiti meglio prima di passare alla fase riformatrice vera e propria sempre con i sindacati.

Platee di beneficiari e perimetro di azione

Il Governo ha cambiato Premier, ma i lavori sul pacchetto previdenziale devono per forza di cose andare avanti. Nessuno ha dimenticato l’esito del referendum che ha portato alle dimissioni di Renzi prima del passaggio al Senato della Legge di Bilancio. Alcuni punti del pacchetto previdenziale sui quali ci si aspettava interventi in Senato sono rimasti così come erano fuoriusciti dalla Camera. Adesso, il nuovo Premier Gentiloni ed il suo Esecutivo, sono chiamati entro il 2 marzo, ad emanare i decreti attuativi e passare alla seconda fase di discussione con i sindacati in materia previdenziale. Per l’#ape volontario dovrà essere meglio chiarito il ruolo delle banche, dell’INPS e delle assicurazioni, perché bisogna capire quanta parte di pensione si può richiedere come anticipo e soprattutto come restituire ed in che percentuale il prestito ottenuto.

Per l’APE sociale invece, vanno chiarite le categorie di lavoratori gravosi. Il Governo Renzi, nella Legge di Bilancio ne ha considerate 11, ma altre potrebbero essere prese in considerazione come tali e soprattutto, per le 11 categorie ci sono paletti da sistemare. Per esempio, gli infermieri che avranno diritto all’APE agevolata, quindi senza obbligo di restituzione del prestito, sono solo quelli delle sale operatorie, una forma particolarmente discriminatoria.

Lo stesso vale per il nodo degli ultimi 6 anni di continuità in lavori gravosi. Per gli edili, soggetti a pause per condizioni climatiche ed a periodi di assenza di ingaggio, il problema è elevato. Visto che le stesse categorie di lavori gravosi a cui si potrebbe applicare l’APE sociale, rientrano in #quota 41, gli stessi chiarimenti si attendono anche per la misura sui precoci.

Cosa riserva il futuro

Il decreto sull’APE deve risolvere il nodo dell’aspettativa di vita che rischia di lasciare fuori molti dei nati nel 1955. Dalla manovra non è stata cancellata la deroga Fornero e la sua pensione a 64 anni e 7 mesi, anzi è stato eliminato il paletto della continuità lavorativa al 28 dicembre 2011. Da adesso, anche chi risultava disoccupato a quell’epoca può rientrare nell’anticipo. Resta però sempre il vincolo dei contributi figurativi (militare, riscatto, volontari e così via) che ad oggi non vengono contati per i 35 o 36 anni di contributi entro la fine del 2012, utili a quota 96. Una circolare INPS, la 196 del 2016 ha confermato questa limitazione, ma dal Ministero del Lavoro c’è l’apertura a correggere questa circolare.

Solo dopo aver chiarito questi punti, il Governo potrà aprire la seconda fase, quella nella quale vanno recepite le richieste dei sindacati sulla pensione di garanzia che dovrebbe tutelare i pensionati vicini alla soglia di povertà. Va sistemato il calcolo contributivo delle pensioni troppo penalizzante per i giovani tra discontinuità lavorativa, precariato e così via. Altro tema da affrontare è la previdenza alternativa o integrativa che dir si voglia, con l’idea di potenziare le forme di versamento diverse da quelle obbligatorie. In pratica, APE, quota 41 e così via, entreranno nel sistema previdenziale, ma siamo solo all’inizio di quella che potrebbe essere una riforma vera e propria, iniziata con l’accordo quadro dello scorso 28 settembre e che fino a primavera, terrà impegnato il Governo.