Saranno 2 le finestre per la pensione anticipata dei precoci con quota 41 e per l'anticipo pensionistico Ape nella modalità social. La prima parte delle domande, infatti, potrà essere presentata dai futuri pensionati a partire dal 1° maggio fino al 30 giugno 2017. Poi si aprirà una seconda quota di domande che partirà dal 1° luglio e arriverà fino al 30 novembre 2017: in questa seconda potranno essere accolte le istanze in corrispondenza delle risorse di bilancio residue. Il 30 settembre 2017, informa Il Sole 24 Ore, verrà predisposta una graduatoria di chi potrà beneficiare delle due misure, ovvero della pensione dei precoci con quota 41 e dell'anticipo pensionistico social.

Pensione anticipata precoci quota 41 e Ape social 2017: quando le domande?

Le date per la presentazione delle domande di pensione anticipata con quota 41 (precoci) e dell'Ape social sono state illustrate nell'ultimo incontro che i tecnici del Governo Gentiloni hanno avuto con i sindacati. In questa settimana è prevista l'adozione dei tre Decreti del Presidente del Consiglio dei ministri (il primo sull'anticipo pensionistico social, il secondo sull'Ape volontaria ed il terzo sui precoci) insieme al provvedimento relativo alla pensione anticipata dei contribuenti che svolgano lavori definiti usuranti. Ma la seconda finestra di presentazione di domanda per la pensione anticipata dipendenderà dalle risorse economiche residue stanziate dalla legge di Bilancio che, per quest'anno, ammontano a trecento milioni di euro per l'anticipo pensionistico social e a trecentosessanta milioni per la pensione dei precoci con quota 41.

Pensioni anticipate 2017 con precoci quota 41 e Ape social: nodi contributi e disoccupazione

Tuttavia, sia per l'uscita anticipata dei precoci quota 41 che per la pensione Ape social sono ancora da risolvere alcuni nodi. Quello più controverso riguarda il criterio dei sei anni continuativi richiesti per l'Ape social di lavori difficoltosi la cui lista è stata inserita nella legge di Bilancio 2017.

Data la discontinuità contrattuale e lavorativa di alcuni settori (ad esempio, l'edilizia), la Cisl chiede che i sei anni possano essere spalmati su un arco temporale più lungo, ovvero su otto anni. Il Governo potrebbe aumentare a sette che, in ogni modo, non troverebbero d'accordo i tre sindacati. Inoltre, l'altro requisito relativo allo stato di disoccupazione (da almeno tre mesi e contributi totali per trent'anni) lascerebbe fuori molti futuri pensionati che beneficiano di contratti lavorativi a termine in scadenza.

Sul punto, il Governo potrebbe introdurre una clausola relativa ai contratti a termine solo se, in seguito a licenziamento, non vadano ad interrompere gli ammortizzatore. In altre parole, chi fu licenziato dieci anni fa e successivamente ha continuato a lavorare con contratti a termine sarebbe tagliato fuori.