Il tema Pensioni è di strettissima attualità, con una riforma previdenziale che tiene impegnati in ripetuti incontri Governo e sindacati e con il pacchetto pensioni inserito in Legge di Bilancio, che attende ancora l’emanazione dei suoi decreti di attuazione. La lente di ingrandimento dell’opinione pubblica, dei lavoratori e dei futuri pensionati è incentrata proprio sugli atti attuativi che sarebbero dovuti uscire il 2 marzo e che oggi non sono ancora pronti. Il rischio che le vie di pensione anticipata previste per maggio, vengano posticipate per evidenti limiti di tempo, sembra aumentare giorno per giorno.

Il quotidiano “il Sole24Ore” ha pubblicato un piccolo vademecum sulle altre vie di uscita dal lavoro previste oggi dalle norme, tanto per non essere troppo legati all’APE.

Quota 41

Esiste uno scivolo anticipato per i precoci, anche in questo caso, inserito nell’ultima Legge di Bilancio ed anche in questo caso, in attesa dei decreti attuativi, cioè quota 41. Chi si trova a centrare 41 anni di contributi, di cui uno prima dei 19 anni di età, può lasciare il lavoro senza limiti di età. Questo però, a condizione che sia un disoccupato con almeno 3 mesi di vuoto reddituale da ammortizzatori sociali, invalido o con invalido a carico, entrambi con il 74% di disabilità accertata, oppure soggetti che rientrano tra le 11 categorie di lavori gravosi previsti dalla manovra.

Per questi ultimi, necessario essere al lavoro (in attività gravosa) in maniera continuativa negli ultimi 6 anni, o probabilmente, in 6 degli ultimi 7 anni.

RITA

Sempre dal 1° maggio viene istituita la Rendita Integrativa Temporanea Anticipata (RITA). Questa si rivolge a soggetti che hanno versamenti nelle casse di previdenza integrativa.

A 63 anni si può scegliere di usufruire di quanto versato, in tutto o in parte, sfruttando un reddito ponte fino al raggiungimento dei 66 anni e 7 mesi che significano pensione di vecchiaia. In pratica, si richiede un assegno periodico a copertura degli anni che mancano alla pensione. La parte di versamenti eventualmente, non utilizzati, saranno richiesti all’atto della domanda di pensione vera e propria come pensione integrativa.

Isopensione e part time

SI tratta di due vie poco percorribili ma che vanno comunque ricordate. La Legge Fornero ha inserito nel panorama normativo la cosiddetta isopensione. Si tratta di uno scivolo destinato ai lavoratori più anziani di aziende con almeno 15 dipendenti. Chi si trova a 4 anni dai 66 anni e 7 mesi per la pensione di vecchiaia, grazie ad un accordo tra azienda e sindacati, possono lasciare il lavoro subito. La condizione è che sia l’azienda a versare l’importo equivalente alla pensione spettante al lavoratore, nonché i contributi previdenziali che sarebbero dovuti essere versati se il pensionato restava al lavoro. Anche il part time pensionistico, anche se ha avuto risultati deludenti va nella stessa direzione.

Dopo un accordo con l’azienda, il lavoratore vicino alla pensione a (meno di 3 anni) può optare per restare al lavoro con orario ridotto. La parte di stipendio mancante per la riduzione di orario sarà versata lo stesso dal datore di lavoro, perché verranno traslocati gli importi dei contributi da versare all’INPS per il lavoro a tempo pieno. Lo Stato dal canto suo coprirà la parte di contribuzione mancante ai fini previdenziali, con la cosiddetta contribuzione figurativa.

Opzione donna e usuranti

Per le donne che hanno raggiunto entro il 31 dicembre 2015 i 35 anni di contributi versati e che entro il 31 luglio i 57 anni e 7 mesi di età, si può lasciare il lavoro con opzione donna. La pensione però è calcolata con il metodo contributivo e non con quello spettante, cioè il più vantaggioso sistema misto.

Significa una pensione penalizzata anche oltre il 30%. Palombari, lavoratori in fabbriche con tipologia di attività a catena, quelli esposti all’amianto, gli impiegati in gallerie, miniere e cave, o soggetti ad alte temperature, godono dell’uscita a quota 97,6. Si tratta degli usuranti, come previsti dalle attuali normative e che sono elencati sul sito dell’INPS insieme ai lavoratori notturni, per tutto l’anno o per parte di esso, oppure per la giornata lavorativa intera o solo in parte. Servono 35 anni di contributi ed una età di 61 anni e 7 mesi, sempre centrando la quota di cui parlavamo, utilizzando anche le frazioni di anno.