In questi giorni si fa un gran parlare dei voucher perché la Legge sulla loro abolizione attende lo scontato via libera del Senato per diventare realtà. I buoni Lavoro, nati nell’ottica di combattere il lavoro nero, dotando i datori di lavoro di uno strumento utile a regolarizzare i rapporti di lavoro saltuari senza sobbarcarsi il carico del costo del lavoro, spariscono. I voucher vengono aboliti perché il loro utilizzo, spesso è stato fatto contro la natura per la quale sono stati creati. L’abuso del loro utilizzo è stato penalizzante per i lavoratori e per le percentuali di occupazione perché i datori di lavoro preferivano utilizzarli al posto delle normali assunzioni.
Con la loro abolizione e soprattutto se non verranno creati strumenti alternativi tali da evitare un vuoto normativo, il rischio che si torni ad incentivare il lavoro nero è alto. In materia, un articolo pubblicato sulla nota pagina Facebook di “studiocataldi.it” è eloquente circa i rischi in capo a datori di lavoro o lavoratori alle prese con attività lavorative non regolarizzate.
Cosa rischia il datore di lavoro
Una azienda, una impresa o anche un singolo datore di lavoro, scoperti ad utilizzare dipendenti senza regolare ingaggio, cioè utilizzando il lavoro nero, possono essere puniti con una multa da 36.000 euro per ogni dipendente. L’inasprimento delle sanzioni proviene dal Decreto Semplificazioni del 2015 ma è stato messo in azione dai recenti decreti attuativi del Jobs Act di Matteo Renzi.
La multa cambia in base al tempo di utilizzo del lavoratore e sale del 20% nel caso in cui il dipendente sia straniero senza regolari permessi di soggiorno o lavoro.
Per impiego del lavoratore fino a 30 giorni, la multa varia da 1.500 a 9.000 euro. Fino a 60 giorni si arriva a 18.000 euro di sanzione per salire ai 36.000 euro di cui parlavamo prima, per rapporti più lunghi.
Le sanzioni vengono ridotte se entro 120 giorni dalla segnalazione dell’Ispettorato del Lavoro, il datore di lavoro regolarizza il lavoratore scoperto a lavorare in meno. Per datori di lavoro che utilizzano personale in nero in misura superiore al 20% della dotazione organica o che vengano colti nella stessa pratica, più volte, si può arrivare anche alla sospensione dell’attività.
Per riaprire la propria azienda, oltre a regolarizzare i lavoratori in nero, previste altre sanzioni, tra i 2.000 ed i 3.200 euro.
I lavoratori non sono solo parte lesa
A studiare le sanzioni per i datori di lavoro, sembra che il lavoratore sia la parte lesa e che venire scoperto a lavorare in nero rischi di avvantaggiarlo, in quanto poi, si potrebbe vedere regolarizzato il proprio posto di lavoro. Le nuove regole invece prevedono dure sanzioni anche per lui, soprattutto nel caso in cui si sia iscritto al collocamento come disoccupato e peggio ancora se percepisce qualche ammortizzatore sociale per disoccupati. Si rischiano 2 anni di carcere se si viene scoperti a lavorare in nero nonostante all’INPS o al Centro per l’Impiego, il lavoratore risulti disoccupato.
La dichiarazione di disoccupazione resa all’INPS o al proprio Ufficio di Collocamento sono atti pubblici che devono essere provati dai dichiaranti. La falsità in atto pubblico è punita proprio con la reclusione fino a 2 anni.
Diventa penale il reato se la falsa dichiarazione di essere privi di lavoro sia stata oggetto di domande di disoccupazione, Naspi o altri ammortizzatori sociali. La sanzione prevista è il carcere da 6 mesi a 3 anni oltre che la restituzione all’INPS dei soldi indebitamente percepiti come ammortizzatori sociali. Naturalmente con sanzioni amministrative che arrivano anche ad oltre 25.000 euro di multa.