Anche dopo l’appuntamento di ieri 6 aprile, tra Governo e sindacati, i decreti attuativi non sono stati presentati. L’incontro di ieri è servito per proseguire i lavori sulla fase 2 della riforma previdenziale, quella dedicata alle Pensioni dei giovani di oggi, ma qualcosa si è mosso anche in materia APE e Quota 41. I sindacati, a margine dell’incontro, hanno riferito che il Governo ha accettato di correggere in parte, le due misure. Sicuramente non è quello che le parti sociali ed i lavoratori chiedevano, ma appare un piccolo passo avanti nell’interesse di alcuni possibili richiedenti le due vie per la pensione anticipata.
Di cosa si tratta?
Uno dei problemi che le due misure previdenziali di cui tanto si parla, cioè APE e quota 41 è il paletto della continuità lavorativa di 6 anni per accedere ad APE sociale e quota 41. I lavoratori che hanno almeno 63 anni di età con 36 di contributi versati, oppure senza limiti anagrafici ma con 41 anni di contributi, possono uscire dal lavoro prima e lo potranno fare dal 1° maggio. Tra le condizioni necessarie, provenire da una delle 11 attività lavorative considerate gravose come la Legge di Bilancio ha stabilito. È necessario però, che l’attività svolta, cioè il lavoro, deve essere stato svolto in maniera continuativa negli ultimi 6 anni prima della presentazione delle domande di accesso alle due misure.
Un fardello questo, che in pratica elimina dai possibili richiedenti l’APE sociale o quota 41, i lavoratori edili, come al solito, alle prese con contratti di lavoro saltuari e discontinui. Dal summit di ieri però, sembra uscire un possibile intervento a correzione di questo paletto, una franchigia di un anno. In pratica, se quanto riferito dalle parti sociali sarà confermato nel decreto di attuazione che uscirà la settimana prossima, i 6 anni di continuità lavorativa saranno spalmati su 7 anni.
In pratica, il lavoratore dovrà aver lavorato in 6 degli ultimi 7 anni per poter accedere alle due vie di pensione anticipata.
Per le altre correzioni, nulla da fare
Sono 12 mesi di ossigeno per alcuni lavoratori, che però, non rispondono in tutto alla richiesta dei sindacati che ne prevedeva 24. Un anno di franchigia, sempre per gli edili, appare poco, perché la natura del lavoro nei cantieri è tale da rendere difficile centrare 6 anni di lavoro negli ultimi 7.
Per quanto riguarda un altro tassello che i sindacati avrebbero voluto correggere, cioè i provenienti da contratti a termine, nulla di fatto. Per accedere all’APE sociale o a quota 41 come disoccupati senza ammortizzatori sociali da almeno 3 mesi, sarà necessario che il lavoro si sia interrotto per licenziamento e non per fine contratto. Per lavoratori del genere, resta solo l’APE volontario, con il prestito bancario e tutto quello che ne deriva in termini di penalizzazioni di assegno futuro. Per tutto il resto, le misure vengono confermate in toto. Si partirà il 1° maggio, anche se la data è da intendere come decorrenza delle misure e non, visti i tempi ristretti, come possibilità immediata di presentare domanda.
Difficilmente ipotizzabile che l’INPS avvii la macchina operativa già il 1° maggio. Ci sarà tempo fino al 30 giugno per presentare domanda, cioè ci saranno 60 giorni di tempo nella prima finestra utile ad APE o quota 41. Per quanto riguarda le graduatorie di priorità di cui si è parlato in questi giorni, il Governo ha confermato come queste saranno avviate solo in determinate condizioni. In pratica, si darà priorità a quelli più grandi di età, se le richieste approvate, saranno, in termini finanziari, superiori ai fondi stanziati per le misure. Proprio per questo, il Ministero avvierà un monitoraggio per valutare la spesa prevista rispetto a quella effettiva.