Da sempre la categoria dei lavoratori autonomi denuncia un sistema normativo poco attento alle proprie esigenze e scarso di tutele. Se da un lato i liberi professionisti italiani (come gli architetti, gli ingegneri e/o i commercialisti) possono vantare una competenza ed una preparazione costante sul campo, dall'altro queste capacità, se messe a disposizione dell'utenza di riferimento, non sempre sembrano essere riconosciuti e ripagati come si deve. L'abolizione dei minimi tariffari, inoltre, non ha fatto altro che alimentare un malessere già abbastanza diffuso, facendo aumentare di fatto la concorrenza sleale e dando vita una vera e propria lotta al ribasso dei prezzi che, inevitabilmente, hanno fatto diminuire le entrare e i ricavi legati alla libera professione.

Basta pensare per esempio che, secondo le stime riportate da Il Corriere della Sera, il fatturato legato all'esercizio delle professioni giuridiche è sceso addirittura del 23% negli ultimi sei anni.

Questi infatti (stando a quanto emerso dallo stesso articolo) sono stati i motivi che principalmente hanno spinto i professionisti a scendere in piazza sabato, i quali, chiedendo un intervento da parte delle Istituzioni tale da tutelare e garantire loro un equo compenso, hanno invitato il Governo ad una piena riconsiderazione del sistema. L'accusa principale di cui si sono fatti portavoce è essenzialmente una: quella di aver abolito il tariffario in Italia - a discapito dei lavoratori autonomi - appellandosi ad una direttiva comunitaria che, negli altri Paesi Europei invece, non è stata recepita allo stesso modo.

In Spagna, per esempio, è ricorrente fare uso di un tariffario orientativo, mentre in Germania le tariffe non solo sono già stabilite e note a tutti, ma il mancato rispetto di queste espone addirittura a sanzioni.

Secondo Marina Calderone, la presidente del Cup (Comitato unitario delle professioni) e del Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del Lavoro, spesso, in questi anni, i liberi professionisti italiani si sono ritrovati ad essere "la parte più debole del rapporto contrattuale", la quale ha poi spiegato: "anche il professionista ha diritto a un compenso che sia correlato alla qualità e alla quantità del lavoro svolto".

Il Jobs Act autonomi dunque può essere considerato un buon punto di partenza che, per essere efficace, dovrà essere integrato da interventi mirati, tali da garantire l'equo compenso a tutti i professionisti iscritti ai diversi Ordini presenti in Italia.