Siamo ancora nel campo delle ipotesi, non essendoci ancora proposte definitive da parte del Governo per quanto concerne il nuovo pacchetto previdenziale da inserire nella prossima manovra finanziaria, ma l’argomento previdenziale è sempre all’ordine del giorno. Un articolo del quotidiano “Il Sole24Ore” è eloquente da questo punto di vista e conferma le indiscrezioni che vogliono Governo e parti sociali al lavoro per correggere la previdenza nostrana, ancora troppo vessata dai pesanti vincoli imposti dall’ultima riforma Fornero. Una legge, quella che a partire dal Governo Monti ha pesantemente inasprito i requisiti di accesso alle pensioni per tutti gli italiani.

Sembra strano che dopo l’entrata in vigore di Ape e Quota 41 si torni a parlare di riforma pensionistica, ma le due nuove misure, tutto hanno fatto tranne che inserire per davvero un po’ di flessibilità nel sistema previdenziale. Ecco perché, nei ripetuti incontri tra Governo e sindacati sulla fase 2 di riforma, tornano in scena proposte che sembravano dimenticate e nuove idee per agevolare l’uscita dal lavoro per la quiescenza dei cittadini. In pratica, insieme al lavoro per la fase 2, che dovrebbe rendere più facili e più degne le pensioni per i giovani, si cercano correttivi a quella che potrebbe essere definita fase 1, quella che ha prodotto proprio l’Ape e quota 41.

Bonus per le lavoratrici

Si valuta di concedere un bonus per le lavoratrici, in termini di contribuzione utile ai fini della quiescenza. L’idea è di agevolare di due o tre anni le lavoratrici, soprattutto quelle che hanno dedicato parte della loro vita alla famiglia. L’argomento disparità di genere è sempre in auge, perché la realtà del mondo del lavoro dimostra come le donne spesso, sacrifichino la carriera ed il lavoro per le esigenze delle loro rispettive famiglie.

Ecco perché si torna a parlare di scontare un anno per ogni gravidanza portata a termine per le lavoratrici. Uno sconto che potrebbe essere fino a 3 anni e che nel dettaglio potrebbe essere usato per agevolare l’Ape per le donne invalide, disabili, caregivers o alle prese con lavori gravosi, cioè le categorie alle quali si applica sia l’Ape Social che quota 41.

In pratica, per esempio, ad una lavoratrice impegnata in attività logoranti, come le maestre di asilo oppure le infermiere o ostetriche delle sale operatorie e parto (sono tra le 11 categorie di attività gravose secondo l’ultima Legge di Bilancio), potrebbero bastare 33 anni di contributi anziché i 36 necessari secondo le norme dell’Ape social, oppure 38 e non 41 per lo scivolo precoci. Uno sconto che poi potrebbe essere esteso anche alle classiche pensioni di vecchiaia e di anzianità che si centrano rispettivamente con 66 anni e 7 mesi di età e con 42 anni e 10 mesi di contributi. Per quanto concerne il Rita, la rendita integrativa che può essere richiesta anticipatamente e che è un’altra misura di nuova istituzione, si cerca di renderla meno legata all’Ape.

In pratica, il tentativo di sdoppiarla dall’Anticipo Pensionistico è la prima di una serie di interventi che mirano a rendere la previdenza integrativa più appetibile e meno tassata.

Quota 100

Le problematiche previdenziali e la quasi completa assenza di flessibilità del mondo pensionistico hanno riportato all’attenzione la quota 100, autentico cavallo di battaglia del Presidente della Commissione Lavoro Damiano e punto centrale della sua proposta di riforma previdenziale. Si andrebbe in pensione, con il sistema delle quota e delle frazioni di anno, quando tra età anagrafica e contributi versati si raggiunge la fatidica quota. Un meccanismo che è stato preso come proposta anche dalla Lega di Salvini, addirittura più flessibile.

In pratica, per Damiano, a partire dai 62 anni di età, un soggetto che riesce, insieme alla contribuzione versata a toccare quota 100, potrebbe lasciare il lavoro anticipatamente. Idea che libererebbe il sistema dalla rigidità in termini di requisiti, consentendo ai lavoratori di poter andare in pensione in maniera flessibile sia come età che come carriere.

Per la Lega il discorso potrebbe essere anticipato ai 58 anni, in maniera tale da coprire soggetti con elevati montanti contributivi e che rientrano tra i precoci, cioè coloro che hanno iniziato a lavorare molto giovani. In altri termini, il cantiere pensioni è sempre aperto e ormai si entra nel vivo di quella che davvero dovrebbe essere una riforma previdenziale a lungo e largo raggio.