Oggi 13 settembre al Ministero del Lavoro si torna a trattare il delicato tema della previdenza. C’è da aggiustare un sistema previdenziale che evidentemente è pieno zeppo di problemi, con le Pensioni che per gli italiani si allontanano sempre di più e vengono centrate molto più in la con gli anni rispetto agli altri Stati della UE. Tra l’altro, dal 1° gennaio 2018 le pensioni di vecchiaia saranno uniformi tra uomini e donne, cioè tutte a 66 anni e 7 mesi, aspettando che dal 1° gennaio 2019, l’aspettativa di vita le faccia salire ulteriormente a 67 anni.
Le donne dicevamo, cioè le lavoratrici che fino al 31 dicembre godono di un anno di "privilegio" rispetto agli uomini andando in pensione di vecchiaia a 65 anni e 7 mesi e centrando l’anzianità per la pensione anticipata a 41 anni e 10 mesi e non a 42 anni e 10 mesi. E' evidente che in passato si cercava di tutelare i lavoratori donna che spesso erano costrette a lasciare lavoro e carriere per la nascita dei figli o per la semplice cura della propria famiglia. Il passato è proprio quello a cui guardano i sindacati che domani potrebbero proporre al Governo una loro personale soluzione del problema disparità di genere nel mondo del lavoro e quindi delle pensioni, il ritorno alla Legge Dini del 1995.
Che sia il preludio ad un radicale cambio di rotta e ad una specie di ammissione di colpe da parte del Governo che cancellerebbe di colpo le varie e terribili riforme successive a quella Dini?
Sindacati insoddisfatti
Evidentemente, le soluzioni in cantiere da parte del Governo, che poi sono state presentate ai sindacati nello scorso incontro dell’8 settembre, non sono piaciute del tutto.
Lo si era capito subito dopo l’ultimo summit, quando i sindacati si dichiararono moderatamente soddisfatti solo dell’apertura del Governo ad intervenire, ma sulle misure che si vanno a preparare, qualcosa in più andrebbe fatto. L’Esecutivo infatti ha presentato tre linee di intervento. Prima l’aumento delle pensioni fino a 2.000 euro al mese con il ritorno al meccanismo della perequazione come da ultimo Governo Prodi.
In secondo luogo, ma non meno importante, la pensione di garanzia per i giovani lavoratori di oggi che non riescono ad accumulare periodi di lavoro lunghi e quindi contributi sufficienti per pensioni future degne. Infine, un ritocco alle pensioni per le donne, con il ritorno in auge delle cure familiari e con l’idea di concedere 6 mesi di anticipo di pensione per ogni figlio avuto, con tetto massimo di 2 anni di sconto per 4 o più figli. Poco per i sindacati che per le donne hanno una loro soluzione che richiama proprio alla Legge Dini, l’unica soluzione che, secondo le parti sociali, consentirebbe alle donne di andare in pensione con sconti sui contributi necessari.
Come funzionerebbe la novità
La novità proposta, sarebbe da inserire in Legge di stabilità e la sua struttura sarebbe diversa dall’idea di conto che il Governo concederebbe alle lavoratrici. Per ogni figlio avuto e soprattutto, fino al compimento dei 6 anni dello stesso verrebbero riconosciuti 170 giorni di contributi figurativi che raddoppierebbero nel caso il figlio sia disabile. In pratica, per ogni anno di congedo dal lavoro verrebbero riconosciuti 6 mesi di contribuzione figurativa utile al requisito di accesso ma non al calcolo dell’assegno. Va ricordato poi che secondo le regole della Legge Dini, il meccanismo sarebbe valido per le lavoratrici che hanno iniziato a versare dopo il 1996, cioè in pieno sistema contributivo.
Inoltre, un ennesimo benefit sarebbe concesso in misura fissa a prescindere dall’assenza dal posto di lavoro per periodi successivi alla maternità e consterebbe di 4 mesi fissi per ogni figlio avuto fino allo sconto massimo di un anno. in pratica, si cerca di trovare nel passato una soluzione ai problemi di oggi perché evidentemente, anche la politica ha notato come le varie riforme, con Amato, Fornero e così via, hanno peggiorato la situazione. Che sia da preludio ad un intervento che richiami anche all’opzione Dini, altra misura che sarebbe utile e che consentirebbe anche ai giovani che non riescono ad accumulare contributi, di andare in pensione lo stesso. Per accedere all’opzione Dini di originale configurazione, era necessario avere almeno 15 anni di versamenti.
Allo stesso tempo, non dovevano essere più di 18 antecedenti il 31 dicembre 1995 e non più di 5 successivi al 1996. In origine, questa opzione consentiva, di uscire a 57 anni per le istanze presentate entro il 2007 mentre a 60 anni per quelle entro il 2011. Si tratterebbe di adeguarle alle date attuali e future. Un’idea che potrebbe balenare nella testa dei soggetti dell’incontro odierno.