"C'è una legge e la rispetteremo". Con queste parole, il premier Gentiloni ha rispedito al mittente le richieste di bloccare o quantomeno rinviare l'aspettativa di vita. I sindacati annunciano una possibile mobilitazione, mentre Cesare Damiano afferma che sia grave non inserire il tema previdenziale nella manovra finanziaria per il prossimo anno. Le ultime notizie sulle pensioni aggiornate ad oggi 19 ottobre hanno come argomento centrale il rialzo dell'età pensionabile previsto per il 1° gennaio 2019, quando i lavoratori potranno andare in quiescenza all'età di 67 anni.

Vani tutti gli incontri fra governo e sindacati tenutisi in questi mesi, come se non fossero mai esistiti.

In pensione a 67 anni dal 1° gennaio 2019

Era il cavallo di battaglia del documento unitario presentato da Cgil, Cisl e Uil al governo. In più di un'occasione, il ministro del Lavoro Giuliano Poletti aveva chiesto ai sindacati di attendere i dati Istat circa una risposta sull'eventuale rinvio dell'aspettativa di vita. Dalle parole del primo ministro Gentiloni però sembra che l'Istat c'entri poco con una scelta - di fatto - già compiuti. "C'è una legge e la rispetteremo", la frase che riecheggia nella testa di migliaia di lavoratori, illusi che potesse essere trovato un accordo in positivo.

E così l'età pensionabile aumenterà di cinque mesi nel biennio 2019-2020. Una sconfitta su tutta la linea per i sindacati, che chiedevano da tempo al governo una revisione del meccanismo che adegua automaticamente l'età in cui un lavoratore andrà in pensione. I continui rinvii sulla decisione potevano e dovevano essere un segnale in questo senso.

Gli addetti ai lavori, sostanzialmente, non si sono stupiti del fatto che l'aspettativa di vita sia stata confermata in toto. Dopotutto, c'era da aspettarselo.

All'indomani della scelta presa dall'esecutivo Gentiloni, fioccano le proteste. "Grave non inserire il tema Pensioni", così Cesare Damiano in un primo commento sulla Legge di Bilancio per il 2018.

L'analisi più critica è rivolta proprio al mancato posticipo della decisione su come calibrare eventuale il meccanismo, tenendo in conto che la speranza di vita è diminuita nel 2015 ed anche quest'anno è data in diminuzione. L'onorevole Damiano, insieme alla commissione Lavoro della Camera, di cui è presidente, aveva proposto di posticipare la scelta al 30 giugno 2018. Non sarebbe costato nulla al governo, letteralmente, ed avrebbe permesso di avviare un serio confronto con tutte le parti in causa.

'Rendere conto delle risorse di Opzione Donna'

Nel suo intervento, pubblicato sul sito cesaredamiano.org, il deputato del Partito democratico ha inoltre ricordato che il governo deve rendere conto dei risparmi derivanti da Opzione Donna, poiché non tutte le risorse stanziate per la misura sperimentale sono state effettivamente utilizzate.

Damiano, in conclusione, ritiene che i fondi non spesi possano essere impiegati per migliorare ulteriormente il sistema previdenziale italiano, citando l'Ape sociale e l'età pensionabile.

Intanto, le lavoratrici richiedenti la proroga di Opzione Donna continuano ad esprimere la propria rabbia nei vari gruppi social presenti in rete e attinenti la loro battaglia. Nella manovra finanziaria è prevista una nuova forma di pensione anticipata, l'Ape sociale donna, che non ha però trovato il riscontro favorevole di molte di loro. Si tratta infatti di una misura lontana dallo spirito di Opzione Donna, che consentiva alle lavoratrici (tutte) di andare in pensione prima dei 60 anni con 35 anni di contributi.

La strada che conduce alla valorizzazione dei lavori di cura non era quella sperata e voluta dalla maggior parte delle donne che fino ad oggi hanno sperato nella proroga di OD. La partita, adesso, si sposta in Parlamento.