Ancora proteste da parte dei lavoratori precoci rimasti penalizzati dalla precedente riforma pensionistica. Nonostante abbiano una lunga carriera contributiva alle spalle, infatti, non hanno ancora avuto la possibilità di lasciare l'attività lavorativa ed accaparrarsi l'agognato assegno previdenziale.
Anche il meccanismo di Quota 41 introdotto nella Legge di Bilancio 2017 ha suscitato non poche polemiche per via della sua parzialità. Infatti, la misura è stata riservata solo alle categorie più economicamente svantaggiate: disoccupati privi di ammortizzatori sociali, caregivers, invalidi al 74 % e addetti alle mansioni usuranti.
Per questo motivo, la delegazione dei lavoratori precoci si è detta pronta a continuare la sua battaglia al fine di ricavare risposte esaustive dal Governo che, al momento, sembrerebbe concentrato su altri temi.
Precoci contro l'aumento dell'età pensionabile
Ad intervenire è uno dei rappresentati dei lavoratori precoci Moreno Barbuti, il quale avrebbe evidenziato la necessità di riformare il precedente sistema pensionistico soprattutto per dare la possibilità anche agli insegnanti di richiedere il pensionamento dopo oltre 40 anni di servizio. Come riporta il Sussidiario, infatti, Barbuti avrebbe affermato: "non solo gli insegnanti stanno invecchiando sul lavoro, purtroppo si sta verificando che nelle varie attività troviamo persone sempre più stanche e demotivate dopo avere lavorato qualcosa dopo 40 anni".
Per questo motivo la battaglia dei lavoratori precoci viene ritenuta fondamentale anche per richiedere il blocco dell'adeguamento dei requisiti alla speranza di vita che, a partire dal 2019, comporterebbe un ulteriore aumento di cinque mesi dell'età pensionabile: dai 66 anni e 7 mesi attualmente vigenti si passerà ai 67 anni per la pensione di vecchiaia.
Damiano chiede il rinvio a giugno
Una battaglia già iniziata dalle varie forze politiche e dalle organizzazioni sindacali. Anche il Presidente della Commissione Lavoro alla Camera Cesare Damiano, infatti, avrebbe ribadito la necessità di rinviare l'emanazione del decreto al prossimo giugno 2018; la richiesta dell'ex ministro del Lavoro, tuttavia, potrebbe realizzarsi visto che non comporterebbe nessun aggravio sui conti statali anche se il Governo Gentiloni sembrerebbe concentrato sugli altri temi previdenziali considerati una massima priorità quali, la pensione di garanzia, il riconoscimento dei lavori di cura e la proroga dell'Opzione Donna.