Lente di ingrandimento sulle Pensioni in essere, così inizia un articolo del quotidiano Toscano, La Nazione uscito il 7 gennaio e che riporta in auge il problema delle pensioni di importo sbagliato per milioni di pensionati. Molti pensionati hanno percepito un assegno previdenziale minore o non hanno ricevuto l’aumento spettante e pertanto potrebbero avere diritto al risarcimento relativo agli arretrati ed all’adeguamento della propria pensione alle cifre esatte. Nel caso della Toscana ci sarebbero pensionati che dopo essersi fatti controllare la pensione hanno recuperato aumenti di pochi euro, ma per qualcuno le cifre non sono affatto irrisorie.
Diritti inespressi, cioè spettanze sulle pensioni mai richieste dai pensionati e che l’Inps non eroga in automatico sono il problema principale che ha prodotto queste autentiche anomalie per i pensionati. Non meno importanti sono i ripetuti cambiamenti previdenziali figli delle riforme (l’ultima è la Fornero) susseguitesi negli anni e delle varie manovra finanziarie che ogni Governo ogni anno emanano. Infatti anche queste modifiche all’impianto normativo della Previdenza Italiana sono altre cause degli importi sbagliati delle pensioni.
I diritti inespressi, cosa sono e come funzionano
Come ogni anno l’Inps aggiorna o conferma l’importo minimo delle pensioni. Nel 2018 il trattamento minimo salirà dell’1,1% come è salita l’inflazione, almeno per quanto riguarda il dato previsionale confermato a fine 2017 dall’Istat.
Il trattamento minimo delle pensioni è erogato per intero a pensionati non sposati con redditi fino a 6596 euro oppure coniugati con soglia che sale fino a 19.789 euro. Per redditi più alti il trattamento minimo applicato è proporzionale. Evidente che il cambiare dei redditi, o delle condizioni di famiglia, da coniugato a singolo e viceversa, potrebbe andare a variare gli importi delle pensioni percepite.
Tutti dati che vanno comunicati tempestivamente all’Inps allo scopo di permettere all’Istituto di pagare la pensione per il giusto importo. Dati che nel caso in cui non venissero comunicati produrrebbero il fenomeno dei diritti inespressi, di quelle prestazioni spettanti ma mai pagate perché mai richieste. Oltre al trattamento minimo che per il 2018 è fissato in 507,46 euro, ci sono poi le somme aggiuntive, le maggiorazioni sociali, le quattordicesime e gli assegni per il nucleo familiare, tutte prestazioni da richiedere e suscettibili di variazioni che pertanto necessitano di un aggiornamento annuale da richiedere all’Inps.
Per quanti non hanno mai provveduto a chiedere una di queste prestazioni è evidente che ci si trova ad aver incassato una pensione inferiore a quella spettante. Nulla è perduto, almeno fino a 5 anni indietro (il termine di prescrizione) per cui con una domanda di ricostituzione si può chiedere la giusta pensione e quanto perduto negli anni.
Nuove leggi e nuove norme
Oltre ai diritti inespressi come dicevamo ci sono gli aggiornamenti normativi e previdenziali che ogni anno i Governi producono. Questo l’oggetto dell’articolo della Nazione e delle parole che l’intervistata Cristina Moriconi, Direttrice dell’Inca-Cgil in Regione ha pronunciato. Dopo aver centrato la pensione, negli anni successivi spesso qualcosa cambia per i pensionati e queste variazioni derivanti da modifiche normative introdotte dai legislatori possono incidere positivamente sull’entità dell’assegno previdenziale per molti pensionati.
Anche in questo caso nessuna responsabilità può essere caricata sulle spalle dell’Inps se non quella di non applicare le correzione in via automatica. L’onere è sempre del pensionato che deve andare a farsi ricalcolare la pensione alla luce delle nuove norme. Basti pensare all’aumento di una settimana per quanto concerne i contributi figurativi in relazione alle maternità al di fuori di un contratto di lavoro. Negli anni si è passati da un accredito figurativo di 21 settimane a 22. Qualcosa potrebbe mancare ai pensionati che hanno periodi di lavoro sia da autonomo che da dipendente, con la possibilità di spostare i periodi nella gestione dipendenti in quella da autonomi. La contribuzione figurativa o meglio la retribuzione derivante da contribuzione figurativa spesso non è rivalutata.
Possibile poi trovare periodi di retribuzione non utilizzati per calcolare la propria pensione e per le pensioni che ricadono nel sistema retributivo o misto potrebbe essere un problema. Basti pensare ad emolumenti come arretrati, premi di produzione o trattamenti di fine rapporto erogati dopo l’uscita dal lavoro e quindi la pensione per i lavoratori. In questo caso, aumentando la retribuzione utile al calcolo degli assegni, potrebbe aumentare la pensione.