Il mercato del lavoro in Italia è sempre più caratterizzato da grandi limiti, che aumentano il livello di povertà. Il Belpaese si contraddistingue non solo per una dilagante disoccupazione, ma anche da tanto precariato, da stipendi non in linea con le reali esigenze delle persone, e dal cosìddetto "lavoro gabbia", quello che non offre alcuna possibilità per il futuro. Tutto questo originerà ben 5,7 milioni di persone povere in Italia entro il 2050, che andranno così a sommarsi ai tanti che non dispongono di sufficienti mezzi di sussistenza.
L'allarme di Censis e Confcooperative
A lanciare l'allarme su questo scenario apocalittico relativo al lavoro e alla povertà è la conclusione alla quale è giunto il recente focus di Censis e Confcooperative, secondo cui le condizioni di lavoro attuali hanno già attivato una "bomba sociale" che, come affermato da Maurizio Gardini, il presidente di Confcooperative, è fondamentale disinnescare. Gardini ha anche sottolineato che lavoro e povertà rappresentano due emergenze su cui il futuro governo del Paese deve intervenire assolutamente, di modo da creare le possibilità di una sorta di patto intergenerazionale che possa garantire ai figli le stesse chance dei loro genitori. Se così non si agisse, il rischio concreto è appunto quello di perdere una generazione intera: per Gardini si rivela dunque fondamentale intervenire al fine di risolvere il problema della disoccupazione e offrire condizioni migliori anche ai 2,7 milioni di Lavoratori poveri.
Stipendi sempre più bassi
Le remunerazioni stanno slittando sempre più verso il basso: questo significa che per molti il fatto di lavorare, spesso non basta ad avere una vita decorosa. Si è quindi giunto a un effetto di "sfrangiamento" del lavoro, che potrebbe aumentare ancora se non s’interviene subito. Tale effetto deriva dalle tipologie di occupazione che stanno diffondendosi in Italia, come il lavoro "a bassa intensità" e quello "a bassa qualità".
Rischio pensioni per i giovani
E, come se non bastasse, anche per quanto riguarda le pensioni la situazione è grave: considerando quello che si può prevedere già oggi, emerge che tra la pensione di un padre e quella che avrà il proprio figlio vi sarà un divario di circa 15 punti percentuali. Le nuove generazioni avranno quindi una pensione molto più bassa rispetto a quella attuale, se consideriamo che oggi un ex dipendente con 38 anni di contributi continuativi versati che ha smesso di lavorare nel 2010 a 65 anni, riceve una pensione pari all'84,3% rispetto alla sua ultima retribuzione da lavoratore; un giovane che ha invece iniziato a lavorare nel 2012 all'età di 29 anni e che cesserà di farlo nel 2050 a 67 anni, dopo 38 anni di contributi continuativi percepirà una pensione pari soltanto al 69,7% rispetto alla sua ultima retribuzione da lavoratore.
Il tema lavoro e quello delle pensioni sono argomenti delicati sui quali occorre intervenire in modo mirato e deciso. La speranza è che il prossimo esecutivo italiano che si formerà saprà prendere le giuste decisioni per migliorare le condizioni occupazionali e di welfare per l'immediato e in ottica futura.