Il quadro previdenziale in Italia è sempre molto incerto e l’esito del voto dello scorso 4 marzo non ha certo contribuito a risolvere le angosce che attanagliano milioni di italiani. Da Bruxelles sono già arrivati i primi ammonimenti all’Italia proprio in tema previdenziale. Vietato ritoccare a ribasso le dure regole di accesso alle Pensioni che la Fornero ha lasciato in eredità. La stabilità del sistema sarebbe messa a rischio da qualsiasi azione in quel senso. Nel frattempo tra le varie cose che entrano nella discussione politica tra i vari partiti che oggi sono chiamati a trovare una sintesi per fare un nuovo Esecutivo, le pensioni hanno un ruolo principale.

Abolire la legge Fornero ormai è diventato uno spot quotidiano, che lo dica Salvini o il Movimento 5 Stelle. Anche l’area degli scettici circa la cancellazione della tanto antipatica ultima riforma previdenziale vera spingono a continuare nella sua correzione. Damiano per esempio è tornato a ribadire il concetto che l’opera correttiva che gli ultimi Governi Pd hanno messo in atto debba proseguire, con il ritorno ad opzione donna, la conferma dell’Ape e la creazione di una quota 41 per tutti i precoci. Si deve correggere il sistema che oggi porta le pensioni troppo in là nel tempo, anche se a dire il vero esistono occasioni e scivoli che sembrano migliori persino delle misure correttive che si intende varare.

La pensione di vecchiaia anticipata

Dal 1° gennaio 2018 le pensioni di vecchiaia non hanno più distinzione tra uomini e donne. Tutti in quiescenza a 66 anni e 7 mesi, antipasto della pensione di vecchiaia a 67 anni che partirà nel 2019. Stop all’anno di anticipo per le donne di fronte alla pensione di vecchiaia mentre la anticipata o ex pensione di anzianità continuerà ad offrire lo sconto per le lavoratrici. Restano in vigore misure che questa differenza la continuano a detenere, prima tra tutte la pensione di vecchiaia anticipata per soggetti con almeno l’80% di invalidità.

Questa prestazione si centra sempre con 20 anni di contributi versati, ma con netto anticipo anche nel 2018. Le donne possono lasciare il lavoro al raggiungimento di 55 anni e 7 mesi di età mentre gli uomini a 60 anni e 7 mesi. Per le donne visto l’inasprimento 2018, si tratta di ben 11 anni di anticipo rispetto alla quota da raggiungere per la pensione di vecchiaia ordinaria.

Deroghe e anticipi

Anche le deroghe Amato sono prestazioni che agevolano l’uscita dal lavoro, ma in questo caso non come età pensionabile piuttosto solo come requisito contributivo. Per lavoratori che hanno versato solo 15 anni di contributi, ma prima del 2013, questi periodi bastano per la pensione di vecchiaia indipendentemente dal fatto che dopo non si siano più versati ulteriori contributi previdenziali. Lo stesso vale per coloro che hanno ottenuto l’autorizzazione ai versamenti volontari sempre al 31 dicembre 2012. La data del 1996 invece è importante per quanto riguarda l’Opzione Dini, altro scivolo molto interessante. Anche in questo caso l’età pensionabile è sempre quella della pensione di vecchiaia ordinaria, solo che servono 18 anni di contributi e non 20.

I 18 anni necessari però devono rispettare la condizione che uno di essi deve essere antecedente il 1996 ed almeno 5 postumi. Sempre in materia anticipo e sempre con un vantaggio per le donne c’è la deroga Fornero che la riforma lasciò in campo per penalizzare di meno soggetti che erano prossimi alla quiescenza con le vecchie regole. Si va in pensione a 64 anni anche nel 2018, se al 31 dicembre 2012 ci si trovava con 61 anni di età e 35 di contributi o con 60 anni di età e 36 di versamenti previdenziali. Il requisito dei contributi per le donne è nettamente più appetibile, fissato come per la pensione di vecchiaia a 20 anni, sempre racimolati al 31 dicembre 2012.